Lettera sul Premio di Solidarietà Alpina a Cesare Maestri
Salve,
sono un assiduo frequentatore della Val Rendena da oltre 20 anni, sicuramente la annovero nei posti in cui mi trovo meglio.
Nel corso di questi vent’anni ho potuto godere della bellezza del paesaggio alpino in tutti i suoi aspetti, ho fatto, e continuo a fare, le classiche vie in montagna, senza grosse pretese, quelle adatte al mio livello, ho girovagato in inverno nel silenzio ovattato con le pelli di foca lungo itinerari poco frequentati, insomma, questa valle mi ha regalato moltissimo.
Ovviamente, pian piano sono entrato in sintonia con alcuni abitanti, sono nate delle splendide amicizie, ho provato a vivere un po’ più da valligiano, e meno da turista la Val Rendena, sempre senza troppe pretese e senza voler offendere qualcuno con queste dichiarazioni.
La premessa per spiegare le ragioni per cui, se mi è possibile, vorrei dire la mia circa l’assegnazione del premio “Solidarietà Alpina”, ormai famoso e ambito, a Cesare Maestri.
Lo so che solo a nominare questo nome negli ultimi anni è quasi come nominare Voldemort nei film di Harry Potter, ma per favore provate a leggermi sino in fondo.
Ammiro ciò che quest’uomo ha fatto sulle Dolomiti, le sue vie testimoniano il suo livello, alcune le ho ripetute, e posso tranquillamente dire che qualche chiodo in più l’avrei gradito, pur avendo ai piedi delle fantastiche scarpette e non degli scarponi come ai tempi della loro apertura; ho letto pure la motivazione da cui la giura ha preso spunto per assegnare questo premio, il celebre racconto di Dino Buzzati sul Corriere della Sera del 1954 è leggenda, penso che ogni uomo che ha fatto il Basso lo abbia letto almeno una volta; una!?!?!? Facciamo cento!
Nonostante questo non sono d’accordo con la scelta della giuria. Diciamo pure che una rondine non fa primavera, quindi, lo so da me che quell’epico intervento non è l’unico portato a termina da Maestri, ma non ritengo appropriata la scelta di Maestri perché un premio simile, soprattutto con il retroscena di premio alla carriera, non dovrebbe avere ombre oscure, non dovrebbe lasciare nessun dubbio nella testa degli appassionati della montagna. Un alpinista che legga del premio non dovrebbe dire “Bravo, però … “, invece nel caso di Maestri i però sono tanti, non dico almeno tanti quanti i pro, ma certamente non pochi.
Io non sono certo all’altezza di certi giudizi, non posso nemmeno allacciare le famose stringhe agli scarponi di Maestri, ma da appassionato mi piace tenermi aggiornato; sulla stampa internazionale, soprattutto, si discute da anni aspramente sull’impresa di Maestri in Patagonia; numerosi alpinisti dal palmares impressionante che si sono cimentati su quelle pareti hanno presentato prove a supporto della loro versione dei fatti, ma ancora ci si ostina fingere di non capire, ma in ogni caso, ripeto, il solo fatto che ci sia un dubbio simile dovrebbe bloccare la giuria di un premio così prestigioso, e quanto meno aspettare che un’altra giuria, faccia chiarezza su questo aspetto.
E’ vero che Maestri stesso più volte ha dichiarato che vorrebbe vedere il Torre ridotto ad un ammasso di pietre, ma al di là dello sgomento di tutti gli appassionati della bellezza in generale, e di tutti gli alpinisti che ancora ambiscono a scalarlo, il dubbio resterebbe comunque in eterno!
Se non si tengono in considerazione questi fatti, e qui concludo, si da l’impressione di voler rispondere, in modo plateale e sfronteggiato, proprio al mondo alpinistico a cui ho alluso sopra, quindi alzando ancora più ombre e sospetti proprio sul personaggio premiato.
Spero che qualcuno della giuria legga questa mail sino in fondo, non certo per cambiare il risultato, ma per farmi sentire sempre più vicino ad un posto che mi ha dato, e continua a darmi, tante emozioni.
Alberto Acerbis[/A_CAPO]