Toni Masè, un esempio per tutti
Ci eravamo incrociati da ragazzi a Madonna di Campiglio nei primi anni
Cinquanta durante le vacanze estive. Lui aiutava lo zio Arnaldo, stagnino e
lattoniere, io, poco più giovane, facevo il raccattapalle al tennis dell’Hotel
des Alpes. L’ho salutato la settimana scorsa – non sapevo che sarebbe stata
l’ultima volta – a Ragoli, in chiesa, dove, commosso, si era recato ad
abbracciare Anneliese e a portare l’ultimo saluto ad Arnaldo Serafini, amico
suo. Due uomini veri, per tanti aspetti molto simili. Entrambi si erano
costruiti una fortuna partendo dal nulla.
A prezzo di grandi sacrifici, lavorando con tenacia, intelligenza e grande
dirittura morale. Persone che hanno dato molto anche alla comunità,
contribuendo, ciascuno nel suo campo a livelli di eccellenza, allo sviluppo di
Madonna di Campiglio, della Val Rendena e dell’intero Trentino. D’esempio per
tutti. Se ne sono andati insieme, a pochi giorni di distanza uno dall’altro,
quasi si fossero dati appuntamento nell’aldilà, in aree inesplorate, alla
ricerca di modi di essere a noi sconosciuti. Mi sono recato a trovarlo ieri
mattina a Vadaione, nell’antica casa di famiglia, dove amava ritirarsi nei
pochi momenti di relax che si concedeva, per ritemprarsi circondato dal calore
e dall’affetto dei suoi cari, della moglie Mariella, delle figlie Francesca e
Cristina e di Carlo, il nipotino cui era molto legato.
Composto nella bara sistemata al centro della sua “stua”, Toni sembrava
dormire serenamente. La benedizione, due gocce d’acqua santa e poi la
commozione… sotto il peso dei ricordi, alimentata dagli sguardi, dagli
abbracci e dagli incontri con quanti erano venuti a porgergli l’estremo saluto,
a dirgli grazie per quanto aveva fatto per loro: una folla, una processione
continua, dipendenti della Termoimpianti, di ieri e di oggi, della spa Funivie,
imprenditori, alpinisti, sportivi, amici…
Tutti sentivamo di dovergli qualcosa. Sapevamo che da anni lottava contro il
male, ma conoscevamo la sua tempra, quella di un uomo che non si arrendeva mai,
e conoscevamo anche il suo fisico, asciutto, tutto nervi e potenza, fuori dal
comune. Gli aveva permesso di salvarsi sulla Sud della Marmolada, quando nel
1959 morì tragicamente Giulio Gabrielli, di scalare in solitaria le vie più
difficili del Brenta, di diventare guida alpina e uomo del soccorso in
montagna, di percorrere le vie del cielo con la patente di aviatore e di
correre sulle acque del mar di Sardegna da esperto velista. Senza disdegnare
qualche partita al pallone, da amatore.
Era stato l’uomo della “provvidenza” in circostanze particolari per
associazioni ed enti, dall’ Us Pinzolo, di cui era stato nominato presidente in
momenti di difficoltà, alla Spa Funivie del Doss del Sabion, di cui fu tra i
fondatori. A lui si deve lo sviluppo di quest’ultima società quando venne
costruita la prima telecabina, a lui si ricorse per il recente risanamento.
Merito suo è il rilancio attuale. Senza di lui probabilmente il collegamento
sciistico con Madonna di Campiglio sarebbe ancora sulla carta. Assieme ad Ugo
Caola ed Ezio Binelli si era inventato perfino la 24h di Pinzolo di gran fondo,
una manifestazione che aveva portato in valle per dieci anni l’elite
internazionale dello sci nordico. E tutto questo senza trascurare la sua
attività imprenditoriale, quella di idraulico. Che da “parolot”, da garzone
dello zio Arnaldo, ha portato a livelli di eccellenza internazionale attraverso
un percorso segnato dalla volontà di migliorarsi giorno dopo giorno.
Oggi la Termoimpianti Masè è industria leader nel settore, si avvale di una
straordinario gruppo di maestranze e di un’equipe di tecnici e di progettisti
di prim’ordine. Ha all’attivo la realizzazione di complessi straordinari, come
il Menfi beach Resort in Sicilia.
A questa attività ha trovato il tempo di abbinare anche una serie di fortunate
iniziative in campo immobiliare e la realizzazione di alcune strutture
alberghiere di prim’ordine. Nel 2004 a Madonna di Campiglio aveva costruito
l’Alpen Hotel Suite, il primo hotel a quattro stelle Superior del Trentino,
condotto dalla moglie e dalle figlie. Riflettendo al suo operato ci si chiede
dove abbia trovato il tempo per fare tante cose. Era un organizzatore
estremamente capace; arrivava nel suo ufficio tutte le mattine, e questo fino
agli ultimi giorni. Qui programmava il lavoro dei suoi collaboratori, che
sapeva responsabilizzare e ai quali dava grande fiducia.
Di poche parole, diceva la sua dopo aver riflettuto a lungo. Aveva una grande
dote: sapeva, anzi amava ascoltare la gente, conoscere il pensiero di quanti
gli stavano attorno. Trovava grande soddisfazione nell’andar incontro alle
esigenze dei clienti e nel risolvere i loro problemi. Ha lasciato un segno
indelebile nella storia di questi paesi e nel cuore di quanti lo hanno
conosciuto ed apprezzato. In loro continuerà a vivere.