Ermanno Salvaterra racconta la sua ultima spedizione in Patagonia
E’ quasi difficile anche solo cominciare. Però ci provo.
Siamo partiti dall’Italia il 13 ottobre 2022. Siamo in 5. Fabrizio Rossi, Roberto Pedrotti ed io. Laggiù a El Chaltén ci aspetta Marquiño Scallabrine. Abbiamo una montagna di roba in quanto dal mio ultimo viaggio in Patagonia non ho lasciato niente là quindi…
Andiamo avanti di qualche giorno e di nuovo alla Piedra del Fraile. Lo storico posto dove negli anni trenta arrivò il nostro Frate italiano Padre Maria Alberto de Agostini. Piedra perché c’è la pietra che era il suo letto. Storia affascinante.
Con aiuto di tre (porteaderos) facciamo un carico di roba a un’oretta dal Paso Marconi.
Non volevo ma non posso evitarlo. In uno dei trasporti per una errore lasciamo un saccone in un posto che sembrava sicuro invece… un paio di giorni dopo, ritornando lì il saccone non c’è più. Andiamo su a portare molta roba al Paso Marconi, ma quel saccone lo dobbiamo trovare.
Scendono allora Pedro e Fabrizio fino al Chaltén e prendere anche un piccone. Marquiño ed io andiamo in un posto che io non conosco. Si chiama refugio Gorra Blanca. Territorio cileno. Il giorno dopo sentiamo un elicottero. Viene proprio qui da noi. E un elicottero militare.
Faccio subito amicizia con loro. Un Istruttore di volo per elicotteri con un suo allievo. Mi fa molto piacere questo incontro e li porto dentro a leggere quello che ho scritto sul libro delle firme e loro mi ringraziano molto del gesto. Ci scambiamo qualche foto e email e poi li filmo anche mentre partono. Poi scendiamo sotto il paso per fare un carico e di nuovo qui. Ah, il Gorra Blanca dal Paso Marconi dista poco più di un’ora. Il giorno dopo scendiamo per un lungo tratto per vedere se arrivano i nostri soci ma niente. Una mezz’ora prima di essere al Gorra guardiamo verso il Marconi e vediamo due puntini. Sicuramente sono loro. Gli vado incontro e via tutti al Gorra Blanca. Rieccoci di nuovo insieme ma del saccone niente…
Dal Gorra Blanca al Paso Marconi e avanti diversi chilometri sullo Hielo Continental per portarci con le nostre “slitte” con tutti i sacconi al circolo de los Altares. Proprio come dicono le parole. Il circolo degli altari. Infatti, arrivati a questo bivio, sopra di noi si stagliano nel cielo gli altari. A destra le Adele; poi dall’Adela il piccolo intaglio, Colle della Speranza, dove inizia la maestosità del Cerro Torre dove continuano le sue sorelle: la Torre Egger, la Punta Herron, il Cerro Standhardt. Poi l’Aguja Bifida, los Cuatros Dedos e poco più a sinistra l’imponente Cerro Domo Blanco e per chiudere Il Cerro Rincon. Lasciamo lo hielo e in meno di un’ora siamo al filo rosso.
Questo nome lo diedero i Ragni di Lecco quando nel 1974 effettuarono la prima salita al Cerro Torre salendo il versante ovest della montagna più bella del mondo. Erano un gruppo numeroso e in cima arrivato in tre.
Casimiro Ferrari (Miro), Pino Negri, Mariolino Conti e il giovincello Daniele Chiappa. Anche loro avevano un campo proprio qui, alla base di una cresta roccia rossa. Potrei rimanere ore, giornate a parlare di loro che conoscevo benissimo. (https://it.wikipedia.org/wiki
E avanti con lo scavo della truna, la nostra casa bianca nella neve.
Siamo molto stanchi ma almeno lo sforzo casa dalle gambe alle braccia.
Solo dopo diverse ore siamo dentro. Almeno per la prima sera ci accontentiamo. La nostra truna la chiameremo Tehuelche a ricordo degli Indios che vivevano queste terre.
Dopo 2 giorni siamo già alla base della parete. Il ghiacciaio è in pessime condizioni. Una montagna di crepacci e tutto il ghiacciaio è coperto da blocchi di ghiaccio che cadono dall’enorme seracco che si trova sopra il canale che porta al nostro attacco. Io lo conosco bene e saliamo facendo un largo giro a sinistra. Arrivati alla base Pedro sale il primo tiro di misto non tanto facile soprattutto nella prima parte.
Ma il Pedro sale veloce e senza problemi. Poi ritorniamo alla truna. Poi il tempo volge proprio al peggio. Neve e soprattutto tanto vento. Un paio di giorni dopo Pedro ed io andiamo all’attacco. Pedro sale la prima corda fissa e poi parte io. Poi salgo io. Pochi metri e sento un boato.
Ma non mi giro nemmeno. Questo racconto l’ho già fatto tempo fa ma me lo porto ancora dentro.
Non passa molto tempo e una sera accesa discussione con Marquiño. Lui quasi scandalizzato quando gli ho parlato di scalata artificiale… L’ha detto e… il giorno dopo ci ha lasciati e è andato al Chaltén.
Domani torniamo in parte. Ormai abbiamo tutte le corde fino al SANADAL.
Pedro vuole andare sul primo tiro. Fabri di abbassa per fargli la sicura. Io rimango lì a preparare un po’ di ferri mentre guardo il Pedro che sale dandogli dei consigli. Dopo aver messo uno spuntone sale un paio di metri e nascosto da una lama non lo vedo. Sento che pianta un chiodo. Non lo voglio raccontare altrimenti piango come ho fatto quando l’ho visto… Pochi secondi dopo il Pedro si muove e si rimette in piedi.
Gli preparo un anello con moschettone e dico a Fabrizio di agganciarlo all’imbrago. Così fa e lo recupero vicino a me. Me lo abbraccio… perde un po’ di sangue da una ferita che ha sulla mano. Chi se ne frega della via… Dobbiamo scendere e fine. Non facilissimo e velocissimo ma il Pedro è Il Pedro. Con pochissimo aiuto arriviamo sul ghiacciaio e gli fa male anche un piede ma lui piano piano arriva alla truna. Poi medicazione come posso. Qualche punto adesivo… Passano un po’ di giorni e e piano piano appoggia anche il piede e un po’ cammina. Dopo almeno una settimana decidiamo di uscire. Ce la farà? Eccome. Non ho parole anche perché fare circa 50 chilometri… Grazie Pedro, sei veramente un “mostro”! Poi la Doctora Codo lo visita e gli fa anche una lastra ma per fortuna nessuna frattura. Il Pedro con me rientreremo prima a casa!