Lettera sull’aggressione dell’orso
Egr. Sig. Direttore,
le reazioni all’aggressione dell’orso al mio convalligiano sono deprimenti e offensive. Si va dalle ormai consuete calunnie nei confronti del malcapitato, ai ricatti e minacce sul fronte del turismo, alle personali ricostruzioni dell’accaduto e conseguenti appelli ai politici contro “la parte ignorante della popolazione” che ragiona con la “parte terminale dell’intestino”, alla strumentalizzazione politica, all’incredibile: “Il responsabile dell’ufficio legale sta valutando eventuali responsabilità del cercatore di funghi”.
Ognuno ha la propria ricetta e enuncia le proprie definizioni.
L’uomo è un ospite dei boschi? Sì. Personalmente, in certe condizioni, ritengo ne faccia parte. Comunque tutti gli esseri sono ospiti del mondo, ma si vuole relegarli entro gabbie reali o ideali, per scopi economici e di “gestione moderna del territorio”. Che altro non testimoniano il progressivo distacco tra uomo e natura e i cui fautori, peraltro, vogliono imporre citando aree territoriali e situazioni ambientali completamente diverse e non assimilabili.
Ma cosa si dice degli obbrobri e degli insulti all’ambiente perpetrati nelle città e nelle pianure?
Vista l’impossibilità di agire in tali contesti, si identificano dei parafulmini alle frustrazioni e alle rabbie di coloro che vivono ormai in un mondo virtuale o meglio che vogliono l’uovo e anche la gallina: libertà di vivere una vita “moderna” basata sulla dilapidazione delle risorse e pretesa di avere un ambiente naturale integro, in cui andare a rilassarsi (naturalmente con il tablet al seguito) ringraziando il buon Dio del Creato, dopo una settimana di studio, di lavoro frenetico o di viaggi aerei in mezzo mondo.
Così l’orso deve essere motivo di attrazione turistica, chi vive in montagna deve restare entro determinati ambiti territoriali, privo di difese per le proprie attività, altrimenti è oggetto di calunnie ed esposto al pubblico disprezzo.
L’uomo che vive in città, o nelle valli ma con la testa in città, esige il diritto di avere il suo parco giochi, creato a suo uso e consumo, in cui recarsi nel tempo libero, durante le ferie o nei fine settimana.
Ecco quindi che associazioni ambientaliste, esperti di turismo, docenti universitari, sedicenti frequentatori della montagna e soloni di vario genere, si sbizzarriscono a teorizzare il loro concetto di “Paese moderno”. Innescando polemiche ideologiche che nulla hanno a che fare con l’orso e con chi vive in montagna. Perché un conto è frequentare, più o meno saltuariamente la montagna, un altro è vivere la montagna. Mi rendo conto che ai più tale differenza risulti ignota o quantomeno irrilevante dato che numericamente i frequentatori sovrastano gli altri, e dunque si arrogano il diritto di impartire regole di gestione, di calunniare e distruggere da tutti i punti di vista chi non si adegua alle loro logiche. Ma noto tanta ipocrisia e che alla base di tutto c’è una profonda mancanza di rispetto nei confronti di chi vive la montagna e anche nei confronti dell’orso, introdotto dall’uomo, ridotto ad oggetto di consumo in un territorio considerato altrettanto bene di consumo, gestito in base a logiche economicistiche da chi nel territorio non vive o pretende di viverci sfruttandolo per tre mesi per poi distendersi con la pancia al sole non so dove.
Che differenza c’è tra la logica di coloro che imperativamente hanno introdotto l’orso con modalità quantomeno discutibili, le cui conseguenze risultano evidenti a chi ha il buon senso di guardare, creando un apparato che movimenta un bel gruzzolo di denaro (pubblico) e quella di coloro che vogliono ampliare le aree sciistiche distruggendo il patrimonio comune? Che i primi si appellano al ruolo fondamentale dell’orso nell’ecosistema?
Il risultato, con l’apporto di politici e amministratori, è lo stesso: espropriare e impedire la gestione del territorio a coloro che sul territorio vivono 365 giorni all’anno, impedendo l’individuazione di logiche economiche diverse da quelle seguite fin qui e che hanno fatto il loro tempo.
Il tutto con il contorno delle sparate dei sopracitati esperti che, in un’epoca in cui il buon senso è una risorsa in esaurimento, articolano i ragionamenti sostituendolo con i titoli accademici o i più o meno consapevoli tornaconti personali ignorando che “i monti sono maestri muti e fanno discepoli silenziosi”.
O ci si rende conto che uomo e orso hanno almeno pari dignità e si riconosce che l’attività umana è fondamentale se in simbiosi con l’ambiente e gli altri esseri presenti, il che implica anche il diritto di difendersi, o creeremo un luogo falso destinato a morire.
Marco Bosetti – Pelugo