Addio a Bruno Cunaccia, imprenditore di Rendena. Il funerale si terrà domani 28 settembre, alle 10 del mattino

di Alberta Voltolini

Addio a Bruno Cunaccia, imprenditore di Rendena. Il funerale si terrà domani 28 settembre, alle 10 del mattino

PINZOLO – Bruno Cunaccia, 86 anni di Pinzolo, fondatore della “Bruno Cunaccia srl”, ditta di scavi, lavorazione di inerti e produzione di calcestruzzo, si è spento mercoledì lasciando la moglie Ludovina, i figli Serafino con Alice, Lorenzo con Costanza, Bruna con Fabrizio, sette tra nipoti e pronipoti, le sorelle Lina, Enza e Ida. Il funerale si terrà alle 10 di domani mattina partendo dalla chiesa parrocchiale di Pinzolo. Alle ore 9.30 sarà recitato il Santo Rosario. È stato uno degli imprenditori più rappresentativi della Val Rendena negli ultimi sessant’anni. Di quelli che si sono fatti da soli, partendo dal nulla, lavorando tanto e con determinazione seguendo il motto “il lavoro bisogna guadagnarselo”. La prima ditta l’aveva creata nel 1955 insieme ai fratelli Leone, Ugo e Camillo.

Bruno Cunaccia è stato uomo d’ingegno e abile organizzatore. Capace di comprendere il contesto nel quale viveva (“vigiargan dintru”, si direbbe in dialetto di Pinzolo per indicare una persona di acume, in grado di capire le situazioni e cogliere le opportunità), si è costruito una vita di successo seguendo uno spiccato senso per gli affari. Aveva anche un modo antico e garbato di curare le pubbliche relazioni: poche parole, quelle giuste, dette al momento giusto.

Di seguito un’intervista di qualche anno fa nella quale aveva raccontato la sua attività di imprenditore.

 

Quando ha iniziato a lavorare? Qual è stato il suo primo impiego?

Era il 1948, la seconda guerra mondiale era finita da poco e facevo il capraio. A Pinzolo, chi aveva capre le portava in piazza Ruina dove venivano radunate insieme per essere poi condotte al pascolo. Da lì partivo e salivo ai monti. Compiuti i 14 anni, ho iniziato l’attività di boscaiolo insieme a mio padre che di “scotum” (soprannome di famiglia) faceva “Varal” perché il mio trisavolo, disertore di Carlo Alberto, verso il 1840 era arrivato in Val Rendena da Varallo, un paese della Valsesia. Erano anni magri quelli, l’edilizia non si era ancora sviluppata, ma funzionavano decine di segherie e il trasporto del legname con il camion era un’attività fruttuosa.

Quanto era duro il lavoro a quei tempi? C’è un’innovazione particolarmente importante che ricorda?

Nei primi anni dell’attività di boscaiolo, tutto il lavoro veniva svolto a mano, con la sola forza delle braccia. Ci volevano sette o otto uomini a tirare le corde per sollevare un tronco di 10 quintali e metterlo sul camion. Già tra il 1957 e il 1960 ci siamo dotati di un nuovo camion e nel 1960 abbiamo acquistato la prima gru idraulica per il carico dei tronchi. Dà lì il passo verso il settore scavi, seguendo il nuovo sviluppo accompagnato dal boom dell’edilizia, è stato naturale.

Da allora sono passati settant’anni e di quel mondo non c’è più nulla, tutto è cambiato.

Il primo progetto particolarmente rilevante?

Ricordo, nel 1962-’63, la costruzione della strada che da Fisto conduce a Montagne. Un lavoro condotto all’interno di un progetto generale di gestione forestale di quella zona mentre era responsabile del Distretto forestale di Tione il dott. Ezio Ferrari. Un altro progetto per noi molto importante è stata la realizzazione della galleria di bypass sotto la cava Maffei.

Negli ultimi dieci anni, numerose imprese hanno sofferto la crisi e alcune sono state costrette a chiudere… Quali sono gli aspetti che vi hanno permesso di stare sul mercato?

Si falliva anche in passato, il lavoro bisogna guadagnarselo, non è mai garantito per sempre. La qualità alla quale tengo maggiormente è l’onestà. Nessun cliente si è mai lamentato o è venuto a dirmi che mancava 1 metro cubo di ghiaia dal carico acquistato. Nel 1986 abbiamo introdotto una pesa moderna per misurare alla perfezione i metri cubi di sabbia consegnata. Prima, invece, si caricava la sabbia sui camion con i badili e poi la si spianava fino ad aver raggiunto l’altezza e quindi il quantitativo concordato. E il carico era comunque sempre esatto. Poi, è importante avere mezzi efficienti. Ogni anno occorre sostituirne qualcuno perché, dopo numerose ore di lavoro, cominciano ad avere problemi e se non funzionano a dovere cominciano a farti perdere tempo. Non per ultimo sono sempre stato attento ai lavori che si prospettavano per potermeli aggiudicare.

C’è qualcosa che le manca del lavoro nel passato?

Una volta eravamo tutti una famiglia, compresi gli operai, alcuni dei quali sono stati collaboratori eccezionali e fedeli per oltre quarant’anni, contribuendo in modo importante al successo dell’azienda. Tutto era più “ristretto”, a misura di persona. Se, però, guardo al sistema di lavoro, devo dire che è molto migliorato rispetto ad un tempo quando c’erano molti più problemi. Le nuove tecnologie hanno portato maggiore efficienza. Basti pensare alle previsione meteo che sono aggiornate al minuto: vedi se piove e organizzi di conseguenza il cantiere. Tante cose oggi sono migliori, ma ce la facevi anche allora.

Come vede oggi l’andamento del settore edilizia in Val Rendena?

Ci sono gli investimenti costanti delle Funivie di Madonna di Campiglio e di Pinzolo che generano importanti ricadute e economiche e opportunità lavorative per le imprese. Recentemente il cantiere del Lefay, un grande progetto che ha comportato 100.000 metri cubi di scavo e 23.000 metri cubi di costruzione, ha portato un po’ di respiro alle imprese locali. Gli anni buoni, però, li considero finiti, oggi le aziende sopravvivono. La nostra va avanti con recupero materiali, qualche pezzo di strada, qualche lavoretto qua e là. Della mia vita e di quanto ho fatto posso essere soddisfatto.