La Federazione al centro del sistema cooperativo trentino
Uniti tutti se di buona volontà
La Federazione al centro del sistema cooperativo trentino
di Luciano Imperadori
Il 20 novembre del 1895, fu fondata a Trento la "Federazione delle Casse Rurali e dei Sodalizi Cooperativi della parte italiana della Provincia" che già nel nome evidenziava la sua base autonomistica, autonomia che don Lorenzo Guetti sostenne sempre anche nel suo ruolo politico di deputato alla Dieta di Innsbruck e al Parlamento di Vienna. La Federazione nasceva all’interno della Sezione di Trento del Consiglio Provinciale d’Agricoltura, che aveva sede nel palazzo in via Verdi, angolo via Rosmini, oggi sede dell’Università di Economia che dovrebbe ricordare ai suoi studenti che lì è nata una economia democratica e solidale che ha trasformato il Trentino. In quegli anni si sentì la necessità di sostenere e regolare l’impetuoso sviluppo del movimento cooperativo che aveva preso l’avvio nelle Giudicarie con la fondazione, nel 1890, della prima "Società Cooperativa Rurale di Smercio e Consumo" a Villa di Santa Croce di Bleggio poi chiamata "Famiglia cooperativa" dallo stesso don Guetti per sottolinearne il carattere non speculativo. A primo presidente della Federazione si pensava al presidente della Sezione barone Massimiliano de Mersi che però rifiutò, per non accumulare più cariche, a favore di don Lorenzo Guetti un sacerdote, " amico del popolo" come è scritto sulla sua tomba, che dedicò gran parte della sua vita alla promozione dell’idea cooperativa. Il modello cooperativo, propugnato dal sacerdote del Bleggio, veniva sia dai paesi tedeschi con Friedrich Wilhelm Raiffeisen che dalle esperienze italiane che i nostri emigranti avevano conosciuto in Piemonte. "Lei, signor Curato, ci deve fare un piacere – scriveva don Guetti su La Famiglia Cristiana del 14 novembre del 1892 ricordando l’avvio di una rivoluzione pacifica che trasformò il Trentino – Quest’inverno siamo stati in Piemonte; abbiamo visto e provato quanto bene fanno colà i magazzini cooperativi, Lei deve aiutarci a mettere su qualche cosa di simile anche da noi".
La prima "scintilla" cooperativa si diffuse nelle Giudicarie prima timidamente, poi in un crescendo si trasformò in "incendio" per dirla con le parole del fondatore, tanto è vero che alla costituzione della Federazione, erano "numerose le società che tempestano, come stelle del firmamento, la ridente plaga del nostro Trentino".
" La Federazione – scriveva don Guetti nel suo Testamento spirituale pubblicato sull’Almanacco Agrario con lo pseudonimo di Don Mentore- è chiamata anzitutto a tener unite le sparse sorelle delle singole vallate ad un centro unico. Non solo, suo scopo principale è quello di vigilare affinché la società federata viva, prosperi e procuri tutto quel vantaggio nel paese quale si aspettavano i suoi fondatori".
Poi proseguiva sottolineando il carattere cattolico ma non confessionale della Federazione: "Essa non farà miracoli perché è opera semplicemente umana, ma cose grandi ne verranno di certo se tutte le società si manterranno nello spirito cristiano-democratico col quale nacquero e si mostrarono fin al presente. Noi non volemmo appositamente nei nostri statuti accogliere quelle disposizioni che richiedono da un socio un attestato di cattolicità o simile …… Solo abbiamo preteso che i soci nostri siano leali, galantuomini e di franco carattere e lungi dal procurare il proprio interesse, siano amanti di quello comune. Un nemico solo volemmo escludere dalle nostre società e questo è quell’io fatale che come cancro insidioso si fece a rovesciare da noi ogni cosa. Bandito l’io siamo venuti al noi, non solo a parole, ma effettivo, popolare, ed in tutto questo ci troviamo uniti tutti, se di buona volontà …… Sulla nostra bandiera rifulgerà a parole d’oro il motto: uno per tutti e tutti per uno e le mani che si stringono assicureranno quella fiducia che nessuno tradirà".
Non erano però solo auspici morali quelli proposti da don Guetti, ma anche compiti pratici come quello del controllo, della revisione dei bilanci e della coerenza con i principi mutualistici dello Statuto, molto prima che diventasse obbligatorie per legge. " La Federazione – scriveva sempre il presidente della Federazione, nel marzo del 1898, poco tempo prima di morire, sul nuovo periodico del movimento "La Cooperazione Trentina" – fu voluta non perché fosse un centro qualunque, non per metter su un po’ di burocrazia, ma allo scopo principale di vigilare sull’andamento delle società federate, affinché questo andamento riuscisse sempre bene". E anche nel citato Testamento spirituale di don Mentore il fondatore precisava chiaramente: " Importanza di sommo grado è quella di trovare nelle nuove direzioni sempre uomini simili ai primi per giustizia, disinteresse e amore per il bene comune. Uomini che vogliono il bene della società dimenticando il ben proprio individuale e qualsiasi altro fine secondario".
Poi però proseguiva con rigore e chiarezza: " La Federazione è chiamata proprio ad invigilare su questo punto essenziale. Quando essa manda il revisore a visitare la società, suo primo passo è quello di farsi un giusto criterio sugli uomini che reggono la società. Se costoro si presentano tutti d’un pezzo, animati dal pubblico bene, riuscirà facile anche la revisione perché vi troverà tutto in ordine e se vi trovasse qualche errore sarà cosa accidentale ma non dolosa. Mentre invece se il revisore trova che membri della Direzione, o della Commissione di sorveglianza, non sono tutti animati da spirito di pubblico bene, avrà cura di stare attento perché di certo vi troverà qualche errore o qualche gherminella amministrativa che dovrà correggere, dovrà fare pubblica ai soci e solo potrà mettere in ordine la società quando siano chiamati a responsabilità i rei e fatto repulisti delle loro persone da ulteriore incombenza sociale ….. deve mostrarsi di un’energia che non ammette mezze misure. Ultimata la revisione deve convocare l’assemblea generale ed ai soci deve dire chiaro e tondo che se essi non mettono alla testa della società persone amanti del pubblico bene la società non può progredire, anzi addirittura viene segnata come degna di essere esclusa dalla Federazione ….. La Federazione non viene né per comandare alle società confederate, né per imporsi con dominio assoluto, né per centralizzare in un punto solo tutte le istituzioni perché diventino tante macchine ai suoi cenni in ogni divergenza, ma viene a tutelare la vita autonoma delle singole società ".
Nel pensiero del fondatore della Federazione si nota una sana radicalità che parte innanzi tutto dall’esame dell’onestà degli uomini prima ancora dell’analisi dei conti e una lungimiranza nel comprendere come la Federazione non doveva essere una holding che accentra e impone le decisioni , ma un’istituzione che, secondo il vero principio di sussidiarietà, sostiene le cooperative federate chiamando però a responsabilità non solo i membri delle Direzioni e dei Consigli di sorveglianza, ma anche i soci.
Oggi che, nella cosiddetta riforma del Credito Cooperativo voluta da Roma, si vorrebbe accentrare il tutto con logiche capitalistiche, in nome di una presunta efficienza, non va dimenticata l’eredità di don Guetti. Spesso quando vanno male le cose in una cooperativa non è una questione di dimensioni ma di interessi personali, megalomanie dei dirigenti e noncuranza degli stessi soci. La Federazione è chiamata appunto ad esercitare una funzione di guida e di vigilanza che è prima di tutto morale proprio per la sua centralità nel movimento cooperativo e per la sua responsabilità verso la comunità trentina. " Ci siamo incamminati per la gran via della cooperazione – scriveva don Guetti sul supplemento del Bollettino Agrario del novembre del 1897- e speriamo, con l’aiuto di Dio, di continuare nella medesima, senza piegare a destra o a sinistra, fiduciosi di arrivare alla meta desiata ed unica: il vero bene del nostro popolo trentino".
Fonte: Quotidiano Trentino