Il ‘ragazzo delle stelle’ partito da Campiglio
IL “RAGAZZO DELLE STELLE” PARTITO DA CAMPIGLIO
di Elena Baiguera Beltrami
Come è stato possibile che un bambino nato e cresciuto a Madonna di Campiglio, da una famiglia di albergatori, tra neve, sci, agonismo, mondanità e divertimenti di ogni genere, sia rimasto folgorato da quella trapunta di stelle che nelle notti di agosto al passo di Campo Carlo Magno (dove l’inquinamento luminoso è quasi assente) sembra così vicina da poterla toccare? La domanda si disintegra fluttuando attratta da quell’ affascinante e misteriosa “materia oscura” universale che ci contiene e ci avvolge e che da anni tentiamo di penetrare e di comprendere.
Il primo telescopio Matteo Maturi, lo ebbe in dono una zia a 13 anni e con quel piccolo strumento, poco più che un giocattolo, il ragazzo passava intere nottate e scrutare le stelle. Nel 2004, la passione, i risultati scolastici e accademici erano tali, che il padre gli costruì un vero e proprio osservatorio astronomico sul tetto dell’albergo. Dopo la laurea a Padova e il dottorato di ricerca ottenuto in co-tutela dall’ università padovana ed Heidelberg e varie collaborazioni scientifiche in patria, Matteo Maturi, oggi trentottenne, viene chiamato presso il prestigioso Institute For Theoretical Astrophysics, Heidelberg University, dove attualmente insegna e lavora, dopo aver lavorato al Max-Planck-Institut für Astrophysik di Monaco. Alla fine di un percorso denso di viaggi intercontinentali, studi e ricerche, oggi il “bambino delle stelle” sta coronando un sogno: coordinare uno dei gruppi di lavoro di una missione spaziale in programma nel 2020, che prevede il lancio del telescopio Euclid dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea), il quale avrà il compito di mappare tre quarti dell’intera volta celeste, osservando miliardi e miliardi di galassie. Il Gruppo di ricerca di Matteo Maturi è composto dall’Università di Bologna con a capo Fabio Bellagamba e Mauro Roncarelli e da una collaborazione allargata che coinvolge anche gli osservatori astronomici di Padova, Capodimonte, Leiden ed il Kapteyn Astronomical Institute di Groningen. L’equipe capitanata dal ricercatore trentino ha messo a punto un codice di calcolo denominato “Amico” (Adaptive Matched Identifier of Clustered Objects) con un metodo scelto dopo una lunga competizione, durata ben 4 anni, che ha visto la agguerrita partecipazione di numerosi altri gruppi di ricerca europei, almeno 6 in totale. Se facciamo riferimento alla teoria della relatività di Einstein, per effetto della gravità, l’universo dovrebbe progressivamente rallentare la propria espansione, ma in realtà non è così. Accade esattamente il contrario. E tutto ciò dimostra che poco o pochissimo conosciamo di questa imperscrutabile composizione dell’Universo.
Qual è la percentuale dell’universo che ancora non conosciamo e in che modo esso viene governato? «Ci sono due grandi entità sconosciute nell’Universo: l’«energia oscura» che spinge su grandissima scala, e la «materia oscura», ossia un qualche tipo di materia, la cui natura ancora ci sfugge, che con la sua forza gravitazionale mantiene legate galassie e ammassi di galassie. In parole povere noi vediamo l’universo attraverso la luce che ha una velocità finita, quando avviene qualcosa ci mette un po’ di tempo ad arrivare a noi. Quello che vediamo è che l’universo si sta espandendo sempre più velocemente e c’è un ingrediente, che fa sì che ciò avvenga, che noi non conosciamo, che rappresenta il 70% di ciò che contiene l’universo. E’ come vedere un carro spinto da qualcosa, senza capire che cosa lo spinge». Ma se l’universo si espande come fanno le galassie a stare insieme?
Quale forza le attrae e le governa? «Il punto è proprio questo, c’è un’altra componente che noi chiamiamo “materia oscura”, che rappresenta il 27% dell’Universo, la quale interagisce pochissimo o per niente, con la luce e con altre particelle note, quindi non si vede, se non attraverso la propria forza gravitazionale, e che tra le altre cose influenza pesantemente la struttura e la dinamica di galassie, ammassi di galassie e la loro distribuzione. In mezzo a queste due entità (energia espansiva e materia oscura) c’è il restante 3% di materia “normale”, che per esempio compone corpi come i pianeti, le stelle e noi stessi. Il fatto di riuscire a percepirne la loro presenza sta nel successo dei modelli teorici e dei nuovi strumenti a disposizione».
Fino agli anni ’90 questa accelerazione dell’espansione universale non si vedeva, è da circa 25-30 anni che ci si arrovella su queste due grandi incognite. «Infatti, Il nostro compito, attraverso “Amico” il complesso sistema di calcolo che abbiamo messo a punto, è quello, tra i vari obbiettivi scientifici della missione, di scoprire centinaia di migliaia di ammassi di galassie. Questi sono i corpi più massicci esistenti nell’universo e sono quindi estremamente sensibili ai dettagli che governano l’universo e la gravità in sè, tanto che, a quanto pare, potrebbe nasconderci ancora grosse sorprese. Non è semplice, si tratta di gestire i dati di miliardi di galassie per individuare quelle che appartengono a questi preziosi ammassi di galassie».
Come si colloca l’Italia in termini di ricerca e di investimenti all’interno di questi progetti spaziali europei? «L’ Italia ha una buona scuola di astrofisici, di cui molti all’estero. Pensi che “Euclid” coinvolge qualcosa come 1500 ricercatori. In Germania gli investimenti sono più gestibili, meno burocratizzati. C’ è più consapevolezza del fatto che si tratta di investimenti diretti sull’industria. Il satellite qualcuno poi lo deve costruire e c’è una forte competizione tra gli Stati membri per produrre i componenti dei satelliti».
Dopo la nostra chiacchierata Maturi si congeda con un garbato sorriso e si prepara per la serata astronomica con la quale, ogni qualvolta torna a Madonna di Campiglio, intrattiene i clienti del suo albergo nell’osservatorio a Campo Carlo Magno. Una attrazione fatale quella nei confronti delle stelle che non solo ti rapisce per la vita, ma che vorresti condividere con il mondo, perché studiando le galassie comprendi che è da là che siamo venuti ed è esattamente là che torneremo.