Arcivescovo Antonio Maturi 1686 – 1751 – di Giacomo F. Maturi
Arcivescovo Antonio Maturi
L’Arcivescovo Antonio Maturi, al secolo Giovanni Bartolomeo Antonio “Bortolo” Maturi, è stato senza dubbio il personaggio più illustre cui il nostre paese abbia dato i natali.
Nato a Baldino (allora comunità distinta da Pinzolo) nel 1686 da Giovanna e Paolo Maturi: sia il nonno che il padre avevano studiato a Bologna ed esercitavano la professione di notaio. In giovane età si trasferì con l’intera famiglia a Mezzana in Val di Sole, dove risiedeva il nonno materno.
In gioventù veniva spesso a far visita allo zio Lorenzo di Rendena, che risiedeva in Plaza. Una volta, d’autunno, quando i pastori scendevano con le pecore dalle “Mandre”, si sarebbe verificato quel fatto che portò alla fuga e alla condanna di Bortolo. I pastori che seguivano il loro gregge non avrebbero custodito debitamente le loro pecore che avrebbero invaso la proprietà dei Maturi. Da questo fatto sarebbe nata una discussione che degenerò in rissa. Uno dei pastori sarebbe passato alle vie di fatto e avrebbe picchiato lo zio, al che il giovane Bortolo era intervenuto per difenderlo e con un pugno o forse con qualche arma impropria, aveva messo a terra il malcapitato pastore. Per la violenza del colpo o per aver sbattuto malamente la testa contro un sasso il pastore si era ferito gravemente ed era morto. Invece di consegnarsi agli sbirri del Vescovo con piena fiducia nella giustizia, aveva preferito fuggire e trovare rifugio nel convento dei Frati Riformati di Campo Lomaso, per poi arruolarsi nell’esercito di Eugenio di Savoia (probabilmente nel 1704).
In quegli anni era in corso la cosiddetta “Guerra di successione spagnola”, scoppiata dopo il 1700 in seguito alla morte senza eredi del Re di Spagna Carlo II. Questa guerra, condotta dall’Austria contro Spagna e Francia, si era svolta nelle regioni allora soggette alla dominazione spagnola fuori dalla Penisola Iberica e cioè principalmente in Lombardia, in Germania e nei Paesi Bassi. Eugenio di Savoia aveva già concluso la sua prima campagna contro i Turchi ed era stato inviato in Italia per conquistare la Lombardia (impresa fu portata a termine con successo e la Lombardia rimase austriaca fino al 1859). In pochi anni (1704-1710),il nostro Antonio “Bortolo” Maturi salì i gradini della carriera militare da semplice soldato fino a diventare uno stretto collaboratore (sembra “segretario”) del mitico condottiero Principe Eugenio di Savoia. Dopo la guerra di successione spagnola Eugenio di Savoia tornò nei Balcani, dove nel 1716 sbaragliò definitivamente i Turchi conquistando Belgrado. Antonio Maturi però non lo seguì in questa nuova campagna militare perché nel 1710 entrò in convento.
Egli chiese ed ottenne dal principe Vescovo di Trento l’assoluzione dal bando (per i “trascorsi giovanili”): implorò perdono e lo ricevette da quelle persone che aveva offeso ed entrò nel convento dei Minori Riformati di Cles sotto il nome di “Frate Antonio”. Alla fine degli studi a Cles e a Trento e dopo l’ordinazione sacerdotale, venne inviato a Roma dove i Francescani avevano un Collegio destinato all’avviamento dei missionari (presso la Chiesa di San Pietro in Montorio, ai piedi del Gianicolo). Padre Antonio Maturi non aveva alcuna intenzione di esercitare il suo ministero sacerdotale in patria: egli voleva andare in Missione e la sua meta era l’Asia Minore, terra legata alle origini del Cristianesimo e conquistata dai Turchi che avevano introdotto la religione islamica. La decisione di andare come Missionario in Turchia era, nel suo piccolo, una sfida all’Islam. Andando a Istanbul, Padre Antonio Maturi era più che un Missionario, un “infiltrato” nelle file del grande nemico del Cristianesimo. Per andare a Costantinopoli (partito da Trento il 6 maggio 1717), insieme con l’altro frate trentino, P. Nicolò Widmann da Coredo in Val di Non, non attraversò il Mediterraneo, ma fece il tragitto di terra, passando per il Tirolo, l’Austria, l’Ungheria e attraversando i Balcani. Questo tragitto aveva anche una motivazione pratica: Padre Antonio doveva ritirare a Vienna una “lettera commendatizia” che aveva ottenuto dal Principe Eugenio per i Pascià di Nissa Nis, seconda città della Serbia) e Vidino (Widin, città della Bulgaria nord-occidentale). Dopo alcuni anni da semplice Missionario a Scio (isola dell’Egeo posta di fronte al Golfo di Smirne), nel 1722 venne nominato Vicario Apostolico di Smirne. Grazie al prestigio che seppe conquistare, nel 1730 venne consacrato Vescovo di Sira (in greco Syros), capoluogo amministrativo delle Isole Cicladi nell’Egeo centrale. Appena tre anni dopo (1733) venne elevato alla sede arcivescovile di Nascia (in greco Naxos), l’isola maggiore delle Cicladi, con la carica di Primate dell’Arcipelago.
Dalle cronache sulla sua attività come missionario e vescovo e dalla corrispondenza con i confratelli o con la Congregazione Romana si sa che, conformemente al voto di povertà dei francescani, egli ha dato praticamente tutto quello che possedeva per la sua comunità di fedeli. In particolare aveva investito tutto quello che poteva in un convento di Suore Orsoline a Naxos, suore che assistevano le ragazze orfane o abbandonate.
Negli anni 1746-48 nell’isola di Naxos scoppiarono delle discordie in seguito a secolari tensioni e a litigi, alimentati anche da commercianti e da affaristi senza scrupoli, sia italiani che greci. Questi dssidi portarono ad una ribellione contro di lui come Arcivescovo di Naxos e Primate dell’Egeo, ribellione favorita anche da certi confratelli in combutta con loro parenti operanti in zona per interessi più economici che religiosi. Sebbene Mons. Antonio Maturi godesse dell’appoggio e dell’ammirazione della maggioranza dei fedeli e anche degli esponenti della Curia Romana, questi contrasti logorarono la sua capacità di resistenza e in una lettera del 23 dicembre 1746 egli si disse disposto, nell’interesse della pace, a recedere dalla carica di Arcivescovo di Naxos ed a ritirarsi nella sua posizione antecedente di semplice Vescovo di Sira. La Congregazione romana, con una lettera datata 31 agosto 1747, accettò la sua offerta di dimissioni e, dato che la sede vescovile di Sira era vacante, Mons. Maturi poté optare per la carica di Vescovo in questa diocesi minore, che era la sua isola preferita.
In accordo con Roma si convenne che la notizia avrebbe dovuto rimanere segreta fino alla nomina di un successore a Naxos. Intanto Mons. Maturi poteva conservare il suo titolo di Arcivescovo e le sue prerogative. Per dimostrargli tutta la stima e l’apprezzamento della Curia Romana, gli veniva riconosciuto l’onore e il privilegio di scegliere lui stesso il proprio successore come Arcivescovo di Naxos e Primate dell’Arcipelago. Purtroppo questa comunicazione arrivò all’interessato soltanto il mese di gennaio dell’anno seguente, lasciando nel frattempo mons. Maturi con la sensazione di essere stato umiliato e destituito senza una plausibile motivazione. Il ritorno di Mons. Maturi a Sira avvenne nel 1748, dopo un periodo di quindici anni trascorsi come Arcivescovo e Primate dell’Arcipelago a Naxos.
Negli ultimi anni della sua vita manifestò frequentemente gravi scompensi di salute. Il 16 aprile 1751, in seguito ad un attacco cardiaco, morì all’età di 65° anni.
Malgrado la sua morte fosse avvenuta non nella sede del prestigioso Arcivescovado di Naxos, ma nell’ambito quasi familiare della sua piccola diocesi dell’isola di Sira, le cronache dell’epoca riferiscono che il suo nome, molto noto già prima, divenne ancor più famoso dopo la sua scomparsa e che tutti lo ricordavano negli anni successivi come il vero rappresentante del Cattolicesimo, della Chiesa di Roma nella regione del Mare Egeo.
da “Arcivescovo Antonio Maturi 1686 – 1751” di Giacomo F. Maturi – Collana “Persone ed avvenimenti” del Comune di Pinzolo 2003