Abbiamo posto alcune domande a Joseph Masè, eletto nel 2015 presidente del Parco Naturale Adamello-Brenta
Abbiamo posto alcune domande a Joseph Masè, eletto nel 2015 presidente del Parco Naturale Adamello-Brenta.
- Da quasi cinque anni è presidente dell’ente Parco. Come giudica questa esperienza?
Sono molto soddisfatto. Credo che il Parco sia ritornato ad essere un autorevole ente di riferimento per le Comunità locali, un importante interlocutore quando si discute di come tracciare il nostro futuro. Mi ero prefisso questo obiettivo cinque anni fa, consapevole di quanto fosse difficile, ma ritengo che con il dialogo, il confronto e, talvolta, anche assumendo senza tentennamenti ed in modo deciso posizioni apparentemente scomode, la scommessa sia stata vinta.
- A tal proposito, il Parco durante la Sua presidenza è stata protagonista di diverse importanti “battaglie” ambientaliste, se così le possiamo definire. Ricordo l’impegno contro i voli di elicottero in quota, contro l’abbassamento dei deflussi minimi vitali dell’acqua dei nostri torrenti, contro gli eventi di massa in quota, come i concerti ed i raduni motoristici, contro la realizzazione di nuove strade e percorsi mountain bike nelle riserve integrali e, da ultimo, contro l’ampliamento del demanio sciabile nell’area di Serodoli.
Il mio impegno è sempre stato ispirato al rispetto dei principi fondanti del Parco. L’area protetta nasce per tutelare il nostro patrimonio naturale e la posizione del Parco non può, quindi, prescindere da ciò. Questo, però, non significa mettere il Parco “sotto una campana di vetro” e vietare qualsiasi iniziativa, bensì invitare tutti a riflettere sulle conseguenze di certe scelte. Non ho mai inteso il Parco come l’ente dei no, bensì come soggetto che invita alla riflessione. Per mia indole non ho mai sopportato gli estremismi ed ho portato questo approccio nell’ente ove la parola chiave di ogni decisione è stata: equilibrio.
- Quali sono stati gli interventi più importanti del Suo mandato?
Volendo individuare due “vie maestre” seguite nel quinquennio, direi che un primo obiettivo è stato quello di restituire al Parco un’identità ben precisa. Ho avuto la percezione che negli anni, forse nella foga di volere essere ovunque, il Parco avesse smarrito il proprio focus. Da qui la volontà di concentrare tutte le iniziative e le attività dell’ente sui temi della conoscenza e della tutela. Per fare questo abbiamo unito i settori di ricerca scientifica, educazione ambientale e attività al pubblico e sono state assegnate maggiori risorse umane ed economiche alle attività di approfondimento. Questo ha permesso al Parco di rinforzare sinergie con università, musei ed altri enti di ricerca e alla tradizionale attività di monitoraggio, di tutela e di diffusione della conoscenza della fauna, della flora, delle acque, dei ghiacciai e della biodiversità abbiamo così potuto aggiungere importanti studi, promuovendo diversi progetti innovativi, tra cui quello sugli effetti dei cambiamenti climatici nell’ecosistema del Brenta.
- E l’altra “via maestra”?
Il Parco, negli anni, ha visto progressivamente tagliare i finanziamenti provinciali, per arrivare nel 2020 ai minimi storici. Attualmente, se non fosse per l’autofinanziamento ed un consistente avanzo di amministrazione, ormai in fase di esaurimento, il Parco avrebbe a malapena le risorse per pagare i dipendenti e non avrebbe un centesimo per l’attività di studio, per l’educazione ambientale, per gli interventi sul territorio. Da qui vi è stata la necessità di procedere ad un’attenta attività di monitoraggio delle uscite, che tramite un sistema di controllo, sono state suddivise per centri di spesa. Contrariamente a quanto succedeva al mio arrivo all’ente, ora siamo in grado di sapere esattamente quanto ci costa la ricerca, l’educazione ambientale, la gestione delle case del Parco, la mobilità, la manutenzione dei sentieri e dove è necessario apportare correttivi. Questo ci ha portato a rivedere le modalità con cui venivano erogati certi servizi e ad esternalizzarne altri.
- La questione orsi in Trentino è diventata ormai di importanza nazionale. In questi anni il Parco non mi risulta abbia preso posizione su questa spinosa vicenda. Qual è il Suo pensiero al riguardo.
Il Parco, dopo essere stato protagonista assoluto del progetto Life Ursus, di fatti è stato estromesso dalla gestione, affidata ormai da molti anni al Servizio forestale. Da qui la mancata “presa di posizione dell’ente” dato che la competenza è assegnata ad altri e le informazioni che riceviamo sono molto limitate. Il mio pensiero è quello che il progetto, da un punto di vista scientifico, è stato un grandissimo successo. Questo ci viene riconosciuto a livello internazionale. E’ mancata, invece, un’adeguata campagna di informazione che permettesse in questi vent’anni alla popolazione trentina di prendere coscienza e consapevolezza della presenza del grande carnivoro nel nostro territorio e di imparare a conviverci. Rimango dell’idea che la gestione, e mi riferisco al tema della cattura e, se necessario, della soppressione degli esemplari problematici, debba essere affidata alla Provincia affinchè possa intervenire, responsabilmente, con celerità a porre in essere efficaci misure di contrasto e così tutelare l’incolumità delle persone.
- Le modalità di accesso alla Val Genova, pur con qualche miglioramento, è rimasta quella di dieci anni fa. Non è proprio possibile fare qualcosa di più per renderla veramente accessibile a pedoni e bikers anche in piena stagione?
Da più di 15 anni il Parco ha iniziato a preoccuparsi dell’eccessivo traffico nelle valli e delle conseguenze in termini di inquinamento, oltre che di sicurezza. I numeri di veicoli entrati e delle persone trasportate sulle navette in Val Genova, Val di Tovel e Vallesinella sono cresciuti di anno in anno fino ad arrivare a livelli che non sono più sostenibili. Di questo al Parco siamo consapevoli da diversi anni, ma per rivedere le modalità di accesso alle valli, è necessaria la condivisione dei territori. Quest’anno, anche a causa dell’emergenza sanitaria, è stata prevista la prenotazione obbligatoria del posto auto. Una soluzione che, nonostante le prime perplessità, si è rivelata efficace ed anche apprezzata. Un’altra importante novità, proprio nell’ottica di favorire un accesso diverso, più attento all’ambiente e con un approccio di tipo esperienziale, è stata quella dei “green days”. 3 giornate in ogni valle in cui dalle 10 alle 16 è stata vietata la circolazione dei mezzi proprio per favorire pedoni e bikers. L’iniziativa, condivisa con i Comuni e le Apt di ambito, ha riscosso un grande successo e sono convinto, pertanto, che il prossimo anno potrà essere non solo ripetuta, ma anche ampliata.
- A proposito di prossimo anno. Tra poco il Suo mandato scadrà. Ha già deciso cosa farà?
Al momento il mio obiettivo sono le comunali. Ho l’ambizione di fare un altro mandato per portare avanti la mia visione di amministrazione del paese e spero che la mia Comunità mi rinnovi la fiducia. Il Parco, quindi, non è tra i miei pensieri in questo momento anche se, Le confesso, mi fa davvero piacere che molti amministratori locali mi abbiano contattato in questi mesi per sondare la mia disponibilità per un secondo mandato al Parco. Vuol dire che nonostante il mio carattere, talvolta fin troppo schietto, il lavoro svolto in questi anni è stato apprezzato.