Abbiamo posto alcune domande ad Oscar Polli di Carisolo che da alcuni anni vive a Bruxelles
Abbiamo posto alcune domande ad Oscar Polli di Carisolo, figlio di Dario Polli e Sandra Binelli, che da alcuni anni vive a Bruxelles.
Ci vuoi raccontare come sei arrivato a Bruxelles?
Ho cominciato a vivere stabilmente a Bruxelles nel Marzo del 2020, proprio con l’inizio della pandemia, dopo aver conseguito una laurea e un master principalmente sulle politiche economiche dell’Unione Europea a Londra. Vivere in Inghilterra durante la Brexit è stato importante per accrescere ancora di più il mio sogno di poter contribuire, in qualche modo, all’operato dell’Unione Europea. Mi ha anche permesso di lavorare nel Parlamento Britannico e di recarmi per qualche mese a Bruxelles nel 2018. Così, dopo il Master, ho fatto domanda per un tirocinio alla Commissione Europea e un po’ per fortuna, un po’ per coincidenze e un po’ per meriti sono riuscito ad entrare come tirocinante.
È stato un percorso un po’ bizzarro, perché non nego di aver commesso qualche sbaglio ma, in queste cose come nella vita, per arrivare dalla A alla B non sempre si percorre una linea retta, ma serve pazienza e qualche errore può rivelarsi, a posteriori, una vera e propria benedizione. Per esempio, dopo la laurea avrei voluto iniziare un percorso di studi in Olanda, ma mi sono accorto che non era ciò di cui avevo bisogno e cercavo. Al momento mi era sembrata la fine del mondo, ma guardandomi indietro senza questo stop temporaneo, non sarebbero mai successe tante altre belle cose. È stato lì che ho capito che, talvolta, alcune esperienze servono per farti prendere la rincorsa e che tutto ha bisogno del suo tempo e con pazienza e fiducia ogni cosa va al suo posto.
In particolare di cosa ti occupi?
Qui a Bruxelles ho iniziato a lavorare come tirocinante nel gabinetto del Commissario Europeo all’economia Paolo Gentiloni dove mi occupavo di temi come il NextGenerationEU e l’impatto economico del Covid. Ho anche assistito Marco Buti, il Capo di Gabinetto, contribuendo alla stesura del suo libro “The Man Inside: A European Journey through Two Crises” che riporta le sue analisi, proposte, esperienze e le sfide che ha attraversato l’Unione Europea negli ultimi due decenni.
Per me questa è stata un’esperienza fondamentale in quanto mi ha permesso di capire e di vivere l’ambito politico non come una carriera, ma come una “missione” verso un “qualcosa” più grande di tutti noi. Entrare in questa istituzione durante la pandemia è stato sì difficile, ma anche senza prezzo in quanto mi ha permesso di assistere dal vivo, a decisioni e passi storici per il futuro dell’integrazione dei Paesi europei che non ha eguali. Sono esperienze che se le vivi in prima persona e ne fai tesoro, ti cambiano anche nel modo di vedere le cose di tutti i giorni. Una scuola di vita in cui è impossibile sentirsi arrivati, ma c’è sempre da crescere e imparare!
Ora, invece, lavoro sempre alla Commissione Europea ma nella Direzione Generale per il bilancio dell’Unione Europea e sono il coordinatore per i rapporti interistituzionali della medesima Direzione con il Parlamento, il Consiglio e le altre istituzioni UE. In altre parole, contribuisco a supervisionare il processo legislativo, ma anche a rispondere alle risoluzioni, domande ed opinioni delle altre istituzioni UE e a portare avanti le istanze della Direzione Generale del bilancio UE, assistendo e cooperando soprattutto con il Gabinetto del Commissario al bilancio, Johannes Hahn.
Tu provieni da una famiglia di emigranti, in particolare di “moleti” emigrati negli Stati Uniti. Trovi qualche analogia con la tua attuale esperienza all’estero?
Sicuramente ci sono alcune analogie. Stare lontani da casa, specialmente in tempi di pandemia, non è mai facile. Anche se si è abituati a vivere all’estero, confrontarsi con altre culture, lingue e storie diverse può talvolta risultare una sfida. Spesso e volentieri si può anche provare tanta solitudine. Inoltre, piombare alla Commissione così giovane è stata sicuramente una sfida importante e tante volte molto difficile anche se, sicuramente, mi ha segnato positivamente ed arricchito per sempre. In poche parole, ti “sveglia” e ti fa maturare!
Tuttavia, credo che ci siano anche molte differenze e sicuramente più significative. Se per i miei nonni emigrare era stata una necessità, per me è stata una scelta che ho potuto fare anche grazie ai loro sacrifici. Ho avuto la possibilità di decidere e questo è un privilegio che non va dato per scontato ma che è facile dimenticare.
Inoltre, le condizioni in cui mi trovo io sono sicuramente diverse e più facili rispetto a quelle che hanno trovato negli Stati Uniti ai loro tempi. Io sono rimasto in Europa, che oggi possiamo considerare “casa”, mentre loro hanno cambiato Continente. Ma basta pensare che oggi prendere un aereo è diventata la cosa più facile del mondo e con internet ormai siamo sempre meno distanti. Una volta non era sicuramente così e certi comfort non esistevano proprio. Per farla semplice, diverse difficoltà, ma siamo più fortunati!
Queste cose non vanno dimenticate e credo servano anche da carburante per sorpassare i momenti difficili e devono essere di esempio per capire da dove si è partiti per essere dove si è: tutto ciò non dipende mai solo da noi e ricordarlo aiuta a tenere i piedi per terra.
Sono sempre più i giovani di Pinzolo e della val Rendena che, al termine degli studi universitari, decidono di trasferirsi a vivere fuori regione o all’estero. Cosa pensi di queste scelte?
Personalmente consiglio a tutti di prendere e andare. Credo sia importante per farsi le ossa, confrontarsi con nuove culture e nuovi punti di vista, ma anche per diventare grandi. Un paese che possiede una gioventù internazionale, che parla due, tre o quattro lingue, che ha vissuto in grandi città all’estero e che “sa arrangiarsi” lo considero un paese ricco e con un grande potenziale che va preservato e valorizzato al meglio. La Val Rendena è ricca di questo potenziale giovane, con molte menti brillanti in svariati campi. Sarebbe un peccato non “sfruttarlo” e combinarlo alle tradizioni e storie locali.
Allo stesso modo, però, ritengo che sia importante, specialmente per il futuro dei nostri piccoli paesi e delle nostre valli, che almeno parte di questa gioventù, ritorni poi a casa per condividere conoscenze ed esperienze mettendole a disposizione della comunità. Credo che questo sarebbe un grande beneficio, mentre se non tornassero si creerebbe un problema a lungo termine, ma è importante che ci sia un terreno fertile affinché la gioventù ritorni e qui, ahimè, c’è da rimboccarsi le maniche!