La verità di Dario Poli

di Dario Poli

Ho aspettato a scrivere e a rilasciare commenti perché ero convinto in cuor mio che la mia permanenza in carcere sarebbe stata breve e avrei potuto raccontare di persona questa mia assurda storia.



Attualmente, insieme al mio legale, sto decidendo quale percorso processuale intraprendere per difendermi da una accusa dai risvolti paradossali, da una contestazione relativa ad una condotta così lontana dal mio modo di essere…

Le scelte che devo fare sono difficili perché quando una persona sa di essere innocente, anzi vittima a sua volta, sarebbe disposta a sacrificare l’intera vita per poterlo dimostrare al mondo intero ma poi, se è un padre di famiglia come me, deve fermarsi a riflettere e valutare quanto tale sacrificio costerebbe anche ai propri cari ed al lavoro di una vita.

Il bene per i figli e le persone amate ed il rispetto per un presente costruito con tanta fatica e lavoro vanno anteposti  alle intime esigenze della verità e della sua dimostrazione davanti agli occhi di tutti? Ancora non so darmi una risposta ma la dovrò trovare, la situazione che sto vivendo me lo impone.



Premettendo che la cronaca giudiziaria si approfondisce e si riporta fedelmente leggendo con cura gli atti processuali, e non, come nel mio caso, passata dalle voci che vengono dalle osterie e dalle vie di paese, Ti esprimo il mio rammarico di cittadino, per essere stato da alcuni giornalisti sbattuto in prima pagina come un delinquente, quando le indagini erano ancora in corso, e rese agli occhi degli elettori come una condanna definitiva.

Infatti solo l’indagine è stata interpretata come una colpa certa e provata.



Il carcere mette in serio pericolo la personalità, ma per fortuna ho vissuto questo obbligato soggiorno come una ulteriore esperienza di vita. Esperienza che non giudico negativa, ho visto molte cose e soprattutto ho vissuto in prima persona un ambiente a me sconosciuto cercando di usare l’ironia e l’umorismo per sopravvivere in questa situazione.  Non temo la limitazione della libertà, essendo già abituato purtroppo a vivere in un luogo “chiuso” privandomi di svaghi per dedicarmi al lavoro.

Ero solo preoccupato per mia moglie, i miei figli, la mia famiglia e per la gestione della mia attività che ho costruito con tanto sacrificio.



Hanno avuto l’accuratezza di menzionare nei vari articoli  -con foto- le mie aziende quando quest’ultime non c’entravano per nulla nella vicenda, qualcuno ha addirittura  scritto che il ristorante era “regolarmente” aperto. Beh, non avendo la filosofia di un ente pubblico, è da trent’anni che è aperto, non potendo permettermi di mescolare le faccende private con il lavoro.



Sono certi  giornalisti, che,  sempre a caccia di un immagine che faccia notizia, hanno  la capacità di definire, limitare e arginare le persone anche a discapito di chi quell’immagine se la trova forzatamente cucita addosso.

Hanno più volte telefonato ai miei legali per avere informazioni. Ebbene, preferisco informarli io, ritenendomi fonte più attendibile degli avventori dei baretti di paese.



Vi racconto dettagliatamente questa “fiction” comica-drammatica in odor di beffa:



Il signore che ora mi denuncia e che lamenta per sé  la storia dell’estorsione di cui io sarei il mandante, non è altro che il co-responsabile e soprattutto la fonte della truffa organizzata e attuata ai miei danni.

Cliente abituale del mio ristorante da oltre 20 anni, credevo, amico di cui fidarmi. Passava spesso i weekends a Pinzolo e veniva da me a cena a tarde ore, verso le 23-24. Approfittando della calma dopo il grosso del servizio tante volte ci fermavamo a chiacchierare della Val Rendena, che conosce da quando era ragazzo.

A suo dire l’offerta turistica era calata parecchio, senza uno svago, senza la discoteca “Ciclamino” che quando era giovane lui funzionava bene. In quell’occasione mi disse che persino lui come persona matura non aveva più stimoli per tornare in montagna….figurarsi un giovane!

Mi disse che, secondo lui  bisognava trovare il modo per pubblicizzare la zona e far così tornare la voglia di andare in montagna ai giovani.



Ed ecco qua: gli disse che secondo me, invece,  bisognava avere il coraggio di esporsi e catalizzare l’attenzione dei giovani ipotizzando che un’idea molto particolare e coraggiosa poteva essere quella di poter partecipare  al “Grande Fratello” con una strategia ben precisa di presentazione e riferimenti vari alla Val Rendena.

Un bacino d’utenza mirato al target giovane, con audience di punta di decine di milioni di ragazzi appunto.



 Sulla qualità del programma non sto a questionare, è indubbio però che il mercato dei giovani è, anche quello. Il mercato (lo so per esperienza), si conta, non si pesa.

Lo scopo principale era quello di catalizzare una fetta di potenziali clienti da prendere in considerazione, alla pari di altri mercati come i  vari raduni del dopolavoro Ferroviario, Acli, ai vari mercati “forzati” dell’Est e addirittura allo stesso ritiro della Juventus (se poi si considera il costo di 700.000.000 euro…..beh, credo che si debba valutare).



Mi sembra naturale che chi non si espone mai, chi vive alle spalle di ciò che la Rendena offre, avrebbe trovato il discorso “bizzarro”. Sicuramente tanti non hanno “l’interesse” a capire un progetto così diverso dai contorni apparentemente “poco qualificanti”.

Ma il segreto secondo me è proprio questo: non accontentarsi, ma sfidare, scommettere…insomma osare.

Basterebbe ricordare cosa è stato per Massimeno, nel 1988, “Telemike”. Ero riuscito a far partecipare il Paese al gioco Tv in prima serata. Beh, 2 ore di trasmissione hanno sicuramente contribuito in modo forte a far conoscere quel Paesino a livello nazionale allora poco conosciuto.



Il mio interlocutore, ora denunciante, era d’accordo con me sull’entità della proposta, ma mi avvisava che parteciparvi era praticamente impossibile senza “delle adeguate conoscenze e senza le adeguate condizioni”.



Per me comunque l’argomento era stato aperto e chiuso la sera stessa.



Però, dopo due settimane mi telefonò il cliente-amico dicendo di aver riflettuto sul nostro discorso e di aver parlato con una persona, e che a tal proposito un suo “carissimo amico” dirigente Mediaset avrebbe voluto conoscermi poiché incuriosito della mia persona e sul vero scopo per cui volevo partecipare al G.F.

Dovendo andare a Milano per una visita oculistica proposi un incontro nella città meneghina, però lui mi disse che l’incontro doveva svolgersi a Carisolo per far vedere la zona al dirigente che avrebbe avuto una bozza di progetto da sviluppare in loco.

Il cliente-amico mi presenta (marzo 2005) il dott. S.M., distinta persona con 24h al seguito, come dirigente Mediaset (Pubblitalia), ma soprattutto come suo carissimo amico.

Secondo lui avrei dovuto cogliere  questa opportunità  in quanto l’occasione mi derivava solo dall’amicizia tra i due-soci e sulla sicurezza da essa derivante. A rafforzare la mia idea sull’indissolubile rapporto che tra i due correva vi erano i vari discorsi di vacanze, viaggi, esperienza che i due avrebbero fatto assieme.

Era chiaro che si conoscevano da tempo!

Frasi del tipo: “ti presento Polli solo perché sei un mio amico affidabile, perché Dario è una persona a cui tengo…” mi lusingarono fugando ogni sospetto.

Dopo il colloquio introduttivo molto piacevole il cliente-amico spiega a S.M. che avevo trovato nel “Grande Fratello” un mezzo unico nel suo genere per  portare la Val Rendena nella casa degli italiani, potendone  parlare e nominare in svariati argomenti dall’interno della “Casa”.



S.M. disse che l’idea era buona ma che la motivazione non doveva essere palese, puntando quindi sul mio eventuale personaggio che doveva avere certe caratteristiche. Volle sapere tutto di me, parlammo fino a tarda sera, e mi chiese di preparare un mio curriculum con  allegata la mia storia, da inviare via mail affinché lui potesse esaminare il tutto con i suoi collaboratori. Rimanemmo d’accordo che in due giorni avrei preparato e spedito la documentazione richiestami.

Causa il periodo lavorativo e la contrarietà di mia moglie, ritardai di una settimana la redazione del curriculum, durante la quale venni più volte sollecitato dal mio amico-cliente che mi diceva che il grosso era fatto ma che dovevo collaborare celermente. Inviai come richiesto la documentazione (aprile 2005).



A maggio mi telefona sempre il cliente  dicendomi di aver appreso dal dott. S.M. che l’idea era fattibile.

Volendo tornare a Carisolo per approfondire l’argomento i due “Soci – Amici”, oramai forti della fiducia che avevo riposto in loro, mi fecero visita una sera verso le 22.00 del giugno 2005.

In quella occasione mi spiegarono che era necessario “creare le condizioni” per poter accedere al reality, e per “durare” più a lungo nella “Casa”, per non diventare un “concorrente civetta”, cioè che viene eliminato presto.



Il dott. S.M. mi disse che dopo almeno 40 giorni di permanenza nella “Casa” ci sarebbero stati 2 “collegamenti esterni con la Val Rendena”.



Infatti, tutti criticano il GF, ma i numeri smentiscono le critiche. Altrimenti Mediaset e Endemol non investirebbero in quel programma TV.



Ci voleva più coraggio che esibizionismo, ve lo garantisco. “Chi” nella mia posizione avrebbe osato tanto? Per cosa? Per chi?…..

Vorrei che quel giornalista e i suoi “opinionisti”  mi rispondessero. Partecipando, “solo io mi sarei messo in discussione”, ovviamente rischiando sulla mia persona.

Purtroppo se tutto questo viene semplicisticamente interpretato come “esibizionismo”, si  contribuisce a creare un clima “represso” ove nessuno avrà mai il coraggio di fare qualcosa di diverso, di osare e di rischiare!

Per un accentratore come me non fu facile preparare i miei collaboratori ad una mia assenza, e questa fu una delle più grosse fatiche.



Colui che ora mi denuncia fu proprio colui che mi introdusse il problema del “costo” del progetto. A parte un mio breve imbarazzo iniziale, non fui sorpreso e sinceramente  immaginavo che una così fortunata opportunità avesse un prezzo – e di un certo rilievo -.

Il gioco valeva la candela. Il progetto si prospettava come un sicuro investimento e c’erano tutte le premesse e le garanzie per recuperare la somma anticipata.

Al mio denunciante confidai, durante un’uscita di S.M. per una sigaretta, che non conoscendo S.M. non sapevo quanto fidarmi, e lui mi disse che non avrebbe mai portato una persona da me a Carisolo appositamente da Milano se non fosse stato più che sicuro dell’affidabilità di quest’ultima, e che comunque lui stesso rappresentava una valida garanzia, visto che lo conoscevo da anni e che lo avrei rintracciato al suo negozio.



A suo dire tutto ciò era un gesto di amicizia per me e di affetto per la Rendena.



Ad uscire poi per la sigaretta è il suo turno, al che io rimango solo con S.M. il quale mi dice che sono molto fortunato ad avere come amico e cliente il suo socio, perché grazie a questo “aggancio” mi si sta prospettando una “grossa quanto delicata opportunità”. Molto delicata in quanto, per fare un favore al suo amico di sempre e attuale mio denunciante,  avrebbe rischiato il  suo posto di lavoro.

Ci riunimmo fuori nel bar esterno, dove in quel momento un mio collaboratore  stava facendo le pulizie.

Feci presente che non avevo tutto il denaro richiestomi, chiesi se fosse stato possibile lasciare un acconto. Al loro acconsentire andai a recuperare il contante lasciando i miei ospiti in compagnia del mio collaboratore. Quando tornai con la teca marrone contenente quanto richiesto, la diedi al mio denunciante che provvide personalmente al conteggio.



Quando se ne andarono e il mio cameriere mi chiese spiegazioni, non avrei mai immaginato che in quel momento la maxi truffa nei miei confronti fosse già così inesorabilmente compiuta.



Ho peccato di fiducia, e forse ho agito da sprovveduto, ma mai quel mio amico-cliente mi avrebbe fatto dubitare.



Naturalmente ora il mio denunciante nega di aver percepito soldi e  afferma di conoscere in modo superficiale il dirigente S.M. Addirittura sostiene di averlo conosciuto in un locale a Milano e di non conoscere la vera identità. Mi rimangono molti interrogativi sul perché abbia portato in casa mia, senza averglielo chiesto, questo personaggio e di averlo “spalleggiato” e soprattutto di aver interpretato  da protagonista, degno di premio Oscar, la parte dell’ amico fidato  chi mi sta per offrire una irripetibile opportunità.



Più di ogni altra cosa il mio accusatore mi ha ferito per aver usato una consolidata amicizia per ingannarmi e ottenere per sé e per l’amico un ingiusto profitto.

Fidandomi di Lui, probabilmente  sono apparso ingenuo e ora ridicolo, ma se nei rapporti  fra persone  dovessimo cancellare certi valori importanti fra cui l’amicizia e la fiducia ………come saremo e cosa ci rimarrebbe?



Indubbiamente con l’occhio di oggi il mio gesto potrebbe sembrare improntato a una tragica e disarmante ingenuità. Ma la mia esperienza mi ha fatto capire che in certe “trappole” si cade senza neppure sapere come.



Probabilmente i due Soci-truffatori pensavano che un mio senso di colpa o di vergogna per essere stato truffato mi avrebbe portato a stare zitto!



Ebbene, nonostante mi si accusi di superbia sulle  pagine di qualche giornale, ho l’umiltà di ammettere di aver sbagliato, seppur in buona fede e in nome di una amicizia per me importante. E’ chiaro però che i miei truffatori hanno fatto male i loro calcoli.



Dopo quel giorno, mi sentivo al telefono settimanalmente con il mio ormai ex cliente perché non si faceva più vedere, adducendo come scusa i problemi di salute della sua compagna.

Il dott. S.M. mi rassicurava via mail che tutto stava procedendo al meglio.

A febbraio 2006 S.M. mi disse però che erano cambiati i dirigenti all’interno del programma ed erano sorti dei problemi.

Andai quindi a Milano dal mio denunciante che si dimostrò imbarazzato della situazione venutasi a creare e mi rassicurò che come co-responsabile  avrebbe risolto la situazione. Davanti a me chiamò S.M. col quale concordò un incontro in settimana per chiarire il tutto, pregandomi di pazientare.



Aspettai alcuni mesi durante i quali i due “soci” mi chiesero di non rendere pubblica la faccenda poiché la carriera del dott. S.M. ne sarebbe stata compromessa.

Feci comunque notare che non ero più disposto ad aspettare e che dovevo rientrare con la somma versata. L’amico –ormai solo- di S.M. mi disse che essendo stato lui a mettermi in questa situazione, mi ci avrebbe tirato fuori e che oramai metteva il fatto sul piano personale. Allora chiesi a lui si accompagnarmi da S.M. per sbloccare la situazione, ma mi rispose che non sapeva più dove abitava. Ma non erano “carissimi amici?!”

Mi pregò ancora di non sporgere denuncia e di avere ulteriore pazienza.



Di conseguenza mi sentivo spesso al telefono con lui e durante una conversazione accesa, un mio dipendente V.R. assistette alla telefonata. Mi informò che se avevo bisogno di recuperare del denaro conosceva un agente di recupero crediti (tale D.) che aveva contatti con la procura di Reggio Calabria, e che potevo rivolgermi a lui per un consiglio. Tramite V.R., D. mi contattò dicendomi di avere un collaboratore specializzato nel recupero crediti.

 Senza aver organizzato alcun incontro, vennero da me due signori e dissero che con la scusa di trovarsi al nord per lavoro, D. li ha mandati a passare a vedere se avevo bisogno di qualche aiuto o consiglio. Uno dei due signori, Attilio Berlingeri, affermò di occuparsi di recupero crediti e di fidarsi di lui, poiché aveva maturato esperienza nel settore operando in tutta Italia. Alla narrazione della mia storia mi confermarono che si trattava di una truffa, e che conoscevano queste situazioni in quanto “esperti”. Mi dissero che avrebbero indagato su chi fosse in realtà S.M. e che avrebbero ascoltato la versione direttamente dal mio cliente-amico. Infatti secondo loro il male andava preso alla fonte, cioè da chi mi portò il sedicente dirigente Mediaset carissimo amico del denunciante.  Ho preteso un documento di riconoscimento e subito mi fornirono le loro carte d’identità.

Una volta giunti al negozio del mio denunciante, quest’ultimo mi telefonò chiedendo chi fossero questi signori e perché, essendo un amico, mi fossi rivolto ad un’agenzia di recupero crediti.

Consigliai lui di accordarsi con i due signori su come farmi riavere i soldi che insieme  a S.M. mi avevano preso con l’inganno. Dissi pure che se il quel momento avesse chiamato la Polizia mi avrebbe fatto solo un favore.



Tornò da me solo il secondo “agente”, Mucci Antonio, dicendomi che Berlingeri era stato richiamato a Reggio Calabria per lavoro. Mi informò che il denunciante aveva acconsentito a rifondermi la metà della somma, mentre avrebbe collaborato a rintracciare il suo socio S.M. Mi consegnò quattro assegni postdatati accompagnati da una “liberatoria” per colui che mi accusa.

A questo punto posso solo dire di aver avuto un impressione di efficienza e professionalità più che buona del signor Mucci, e mai avrei  pensato che avesse usato metodi non consoni alla normale prassi per il recupero di un credito che vantavo.



Il 15 settembre, giorno in cui scadeva il primo assegno, il mio denunciante mi chiamò  pregandomi di non incassare l’assegno poiché scoperto. Informai quindi il Mucci che si rese subito disponibile nel far sostituire gli assegni “non buoni”.

Notai però che il Mucci in questo frangente si comportava in maniera strana, e la situazione, oramai sfuggitami di mano, in poco tempo degenerò.

Mucci divenne ben presto l’ennesimo grattacapo. Dopo pochi giorni infatti mi telefonò un volontario del carcere di S. Vittore dicendomi che il Mucci era stato arrestato, ma lui non conosceva il motivo.

Mi rivolsi quindi al maresciallo dei Carabinieri con le carte d’identità dei due “agenti”, per capire con chi realmente avevo avuto a che fare.



Quando appresi chi realmente fossero, pensai di rivolgermi ad un legale, cosa che feci immediatamente. Telefonai subito all’amico del mio dipendente, D., che mi confermò che Berlingeri e Mucci erano “persone per bene”. Ogni commento è superfluo.



Venni a sapere, al termine di una mia interminabile ricerca, che il dott. S.M. in realtà si chiamasse F.L. Ho quindi finalmente capito che era giunta l’ora, al di là di ogni rapporto di amicizia, di attivarmi legalmente contro gli “amici-soci”.



Ho sporto quindi denuncia per truffa contro il mio denunciante e contro F.L. supportata dall’ avvocato Francesca Rena di Milano.



Alla fine questa storia mi vede come protagonista raggirato due volte!!!



Storia da film, incubo reale dai contorni assurdi, che mi qualifica come quello ”sfigato” a cui non è andata bene.

Assolutamente la parte della vittima non mi appartiene, non sono un santo, però non accetto chi strumentalizza la mia persona con accuse banali.

La mia Valle ed il mio Paese in questi ultimi anni mi hanno dato molto come imprenditore, è vero. Ma la chiusura mentale e certe invidie “da orticello” non le ho mai mandate giù. La cultura del “sospetto” non farà mai crescere la Rendena.

 

Non ho intenzione di essere giudicato da chi sta alla finestra senza mai rischiare e ritengo di non avere più nulla da dimostrare a nessuno, tranne alla mia famiglia e forse, d’ora in poi, sarà questa filosofia a guidarmi nelle scelte più o meno importanti.