Le riflessioni di un Assessore sull’Istituzione Comunità di Valle

di Luigi Olivieri

La domanda che preliminarmente ci si deve porre è relativa al perché le Comunità di Valle hanno incontrato ed incontrano tante difficoltà nell’affermare il loro ruolo nel contesto istituzionale trentino. Altra domanda non meno importante: perché non si è ad oggi concretizzato l’obiettivo primario della riforma istituzionale consistente nel ridisegnare il ruolo della Provincia, ente legislativo e di quadro, con le Comunità di Valle ente al quale trasferire le funzioni amministrative e di esercizio associato dei servizi a scala sovracomunale vista la dimensione dei 217 Comuni trentini ?

Le risposte potrebbero essere molte. Provo ad enuclearne alcune:


  1. La scarsa conoscenza dei trentini (alcuni pensano vi sia ancora il Comprensorio) delle Comunità e il deficit di radicamento territoriale;

  2. La diffidenza dei Comuni che percepiscono la Comunità più come limitazione dei propri poteri che come crescita dei poteri di un territorio nel suo insieme rispetto ad una Provincia che decide tutto e determina ogni cambiamento con i Sindaci perennemente con il “capello in mano”;

  3. La difficoltà di decidere le cose insieme per territori non abituati a tali comportamenti virtuosi che rappresenta anche una problematica di tipo culturale;

  4. La scarsa chiarezza di chi fa che cosa dovuta non solo alla legge istitutiva delle Comunità ma anche al frammentario e parziale trasferimento di funzioni dalla Provincia alle Comunità;

  5. La gestione del Fondo Unico Territoriale che risente del compromesso di riparto, nella fissazione delle priorità e nella mancata gestioni da parte del territorio;

  6. La composizione dell’assemblea della Comunità, in particolare quelle di maggior dimensioni come le Giudicarie, che prevede due tipi di rappresentanza (3/5 di eletti e 2/5 di nominati dai Consigli Comunali), con assemblee pletoriche e non protagoniste;

  7. La resistenza, in sede politica ed amministrativa sia provinciale che comunale, nel dar seguito all’attuazione della riforma istituzionale nonché le difficoltà della Giunta Provinciale ad addivenire ad un accordo sindacale che preveda assieme al trasferimento di funzione la relativa mobilità del personale amministrativo per la loro gestione.

In questi 18 mesi di funzionamento le Comunità hanno svolto anche un ruolo positivo con risultati che vanno evidenziati e valorizzati. Ad esempio:


  1. Un diverso protagonismo dei territori che ha indotto i Sindaci ed i numerosi Tavoli Territoriali istituiti a ragionare assieme per individuare e scegliere le strategie migliori, più efficaci ed efficienti per dare risposte adeguate alle necessita del territorio. Ciò è avvenuto ad esempio per il Piano Sociale approvato con il concorso di tutti i protagonisti istituzionali e del terzo settore della Comunità . Lo stesso dicasi per il Piano Territoriale di Comunità in itinere;

  2. L’adozione di alcune buone pratiche hanno comportato un giudizio positivo da parte delle categorie economiche e sociali. Infatti queste intervengono dando un contributo fattivo per la soluzioni di questioni che la crisi economico-finanziaria pone anche ai nostri territori a seguito di problematiche fino a qualche tempo fa sconosciute (il Tavolo del lavoro con l’Agenzia del Lavoro, parti sociali ed imprenditoriali e Comunità ne è un esempio).

L’avvio dell’operatività delle Comunità è stato difficoltoso in conseguenza della necessità di dare una soggettività politica alle medesime che dipende principalmente dalla qualità della classe dirigente che le rappresenta. In questo contesto va evidenziato il deficit di rappresentanza che hanno le Comunità di Valle nel Consiglio delle Autonomie quale luogo di incontro e di concertazione con la Giunta Provinciale per la definizione delle politiche di governo del Trentino. Vi è la necessità di maggior intrapresa e coraggio dei Presidenti delle 16 Comunità di Valle che quantomeno dovrebbero costituirsi in Conferenza dei Presidenti per articolare e rappresentare dialetticamente, talvolta anche nei confronti dei Comuni che detengono la maggioranza nel Consiglio delle Autonomie, le opinioni e le istanze delle Comunità di Valle.

Qual è la strada da percorrere nei prossimi giorni ed anni? Quali le decisioni da assumere per evitare che altrimenti l’ ultimo anno di mandato consigliare provinciale faccia inutilmente perdere un altro anno alla Comunità Trentina per vedere le Comunità di Valle messe nelle condizioni di essere protagoniste?

E’ necessario che le Comunità di Valle vengano dotate degli strumenti idonei per operare anche in considerazione delle scelte politiche che il Governo e Parlamento della Repubblica stanno effettuando nei confronti dei Comuni di piccoli e medie dimensioni nel rimanente territorio nazionale con il sostanziale svuotamento di ogni potere e funzione in capo a quei Comuni (si veda ad esempio quello che è successo al Comune di Malcesine che ha rinnovato i propri organi qualche mese fa: eletti 7 consiglieri anziché 15; nominati due assessori anziché 7). La riforma istituzionale con l’istituzione delle Comunità di Valle è stata ritenuta l’unica alternativa praticabile rispetto alla concentrazione di potere in capo alla Giunta provinciale perché il sistema dei 217 Comuni eroganti gli stessi servizi è insostenibile. Si tratta dunque di una alternativa democratica che può offrire una partecipazione estesa.

Per fare ciò è necessario che:


  1. La provincia trasferisca tutti i poteri non essenziali per il presidio dell’Autonomia, per le scelte strategiche e per la tutela delle risorse ambientali fermo rimanendo i principi di efficienza ed efficacia: un vero federalismo amministrativo anche asimmetrico;

  2. Le Comunità devono essere messe nelle condizioni non solo di programmare e pianificare lo sviluppo territoriale ma anche di realizzarlo attraverso adeguate risorse finanziarie ed umane anche con una quota di entrate tributarie (per superare l’attuale stato di completa finanza derivata delle risorse finanziarie della Comunità );

  3. Le società di sistema della provincia ( Trentino Sviluppo, Trentino Patrimonio ecc.) devono aprirsi alle Comunità di valle per rispondere ai bisogni di sviluppo delle Comunità dato che le loro politiche e gli investimenti decisi incidono sullo sviluppo locale. Le loro scelte vanno concordate anche con le Comunità di Valle che ne rappresentano i territori;

  4. Va individuato nelle competenze-funzioni non trasferite ma che prevedono un ruolo delle Comunità di Valle nella pianificazione e programmazione , quelle azioni di interesse locale che è possibile trasferire alla Comunità con le relative risorse finanziarie come ad esempio agricoltura, foreste, sviluppo montano, educazione ambientale, turismo ma anche sport e cultura dove non si comprende perché vi sia questa concentrazione presso la Giunta provinciale;

  5. Nelle funzioni trasferite (politiche sociali ed assistenziali, edilizi abitativa ) deve essere cambiata la mentalità e modo di operare. Trasferimento di funzioni significa autonomia e responsabilità del territorio in un quadro di riferimento provinciale che ne fissa i principi e criteri generali. Deve cessare il comportamento della Provincia di trasferire funzioni e poi con atti di indirizzo dettagliarle al punto che le Comunità divengono meri gestori senz’ alcuna facoltà di scelta!

  6. La Giunta provinciale deve aprire un ragionamento complessivo con le organizzazioni sindacale in merito alla mobilità del personale verso i territori come ovvia conseguenza del trasferimento delle funzioni. E’ fin troppo evidente che molte procedure sono pasticciate perché non vi è chiarezza in questo contesto;

  7. Deve essere rivisto e ridefinito il ruolo della Conferenza dei Sindaci nell’ambito delle Comunità, anche con riferimento al meccanismo della codecisione talvolta previsto in modo non giustificato soprattutto in quelle Comunità di grande dimensione come quella delle Giudicarie;

  8. La composizione dell’assemblea della comunità di grandi dimensioni (sono 99 i consiglieri della Comunità delle Giudicarie!) risente del meccanismo elettorale di rappresentanza, diretta ed indiretta, determinando una dimensione ingiustificata e comportando una confusione nel governo per il diverso mandato. Le ragioni di natura costituzionale che implicano che la Comunità mantenga la natura di associazioni di Comuni può essere risolta anche con modalità e meccanismi elettivi e di composizione dell’assemblea diversi dall’attuale (ad es. prevedere un collegio elettorale comunale con elezione contestuale con quelle comunali del Consigliere di Comunità). Va comunque introdotto un sistema che conservi la natura associativa attraverso un diverso ruolo dei Sindaci e della loro Conferenza lasciano all’assemblea la natura di rappresentanza politica.

E’ tempo di affrontare, con coraggio, gli aspetti attuativi della riforma istituzionale apportando le modifiche legislative necessarie evidenziatesi all’esito del loro operare. Ciò va fatto con urgenza perché il campanello di allarme è suonato. Affinché il cittadino ritenga utile e creda in un istituzione questa deve dimostrare che serve ed offre buoni servizi a costi vantaggiosi . E’ quello che deve fare la Comunità di Valle.