Leggo che la P.A.T. è orgogliosa di una pensata che a me pare tutt’altro che geniale…
Leggo che la P.A.T. è orgogliosa di una pensata che a me pare tutt’altro che geniale:
lo stanziamento di 5 milioni di Euro per garantire l’innevamento programmato!
Dice l’Assessore Failoni che questi 5 milioni “saranno corrisposti solo nel caso di una significativa riduzione del fatturato rispetto alla stagione invernale 2019-2020”.
I casi sono due: o la stagione dello sci, potrà “avviarsi e proseguire nella sua interezza, sia pur con tutte le sicurezze…” (nel qual caso i 5 milioni non saranno corrisposti) oppure la stagione dello sci non potrà avviarsi, e pertanto, probabilmente nemmeno proseguire e, in questo caso, verranno “ristorati” gli sforzi compiuti per preparare le piste da sci che rimarrebbero deserte.
Capisco che in omaggio alle più invereconde teorie neo-liberiste cui purtroppo si ispirano in molti a tutti i livelli (socializzare le perdite e privatizzare i profitti), questa sia una linea irrinunciabile, tuttavia… viene da chiedersi se almeno in situazioni come l’attuale non si potrebbe derogare e destinare risorse ad altro. Altrimenti è come dire a chi gioca alla roulette:
punta quello che ti pare, se vinci sono contento, se perdi ti ridò i soldi che hai puntato! Bella idea!
Il “rischio d’impresa” comporta che i commercianti non sappiano se e quante merci mettere a magazzino, che gli albergatori, i ristoratori, i gestori di bar, non sappiano se, quando e per quanto tempo assumere personale, e così via per qualsiasi “attività d’impresa”.
Anche gli impiantisti, pertanto, potrebbero valutare se e quante piste innevare assumendosi il rischio di farlo per niente o per un ritorno inferiore a quello sperato. O no?
Piaccia o non piaccia, la nostra società è come una catena: funziona solo in questa forma.
E se si vuole che una catena rimanga una catena si devono tutelare gli anelli deboli non quelli forti.
Mi chiedo, allora, se non sarebbe stato meglio destinare queste risorse, invece che agli impiantisti, alla Sanità e mettere a disposizione 5 milioni (in più) per migliorare le misure atte a fronteggiare il Covid. Un paio di esempi fra i molti che si potrebbero fare:
la famosa (o famigerata per alcuni) centrale Covid, nome pomposo con cui si definisce un banale call-center, è evidentemente sottodimensionata se è vero come è vero che molti di coloro che si rivolgono ad essa spesso lo fanno invano oppure riuscendo a parlarci dopo peripezie di ogni genere. Eppure il ruolo che potrebbe e dovrebbe avere questo centro è fondamentale per l’attività di tracciamento e quindi prevenzione dei contagi.
Ma per rispondere al telefono e dare informazioni accurate non occorre essere né infermieri né medici. Basta avere idee chiare e un sufficiente grado di empatia con chi chiama (per la prima cosa è sufficiente un “corso” di mezza giornata, la seconda è invece una dote che o si ha o non si ha, ma fortunatamente piuttosto diffusa…).
E con 5 milioni di Euro, quante linee telefoniche e relativi operatori si potrebbero aggiungere per migliorare e rendere più efficiente il servizio? Parecchie.
Altro esempio: le famose USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale) cioè quel servizio domiciliare dedicato ai malati Covid lievi o asintomatici per decongestionare le strutture sanitarie, dovrebbero essere attive (lo sono?); ma quante in più potrebbero essere con 5 milioni di Euro e soprattutto quanto utili potrebbero essere soprattutto in un territorio dalla geografia “particolare” come quello Trentino.
Ovviamente mi rendo conto che 5 milioni non basterebbero a risolvere ogni problema, ma potrebbero essere più utilmente impiegati per dare un significativo aiuto a chi ne ha più bisogno, invece che a ripagare gli sforzi compiuti (peraltro solo se li avranno compiuti inutilmente!) dagli imprenditori. O no?