Lezioni di storia
Nella cultura popolare (forse sarebbe meglio dire ‘incultura’!!) qualcuno ritiene, o peggio ancora dice, che ‘una guerra è sempre guerra e che tra loro sono tutte uguali…‘ e non è quindi rilevante specificare quando, dove, perchè c’è stato un qualsiasi conflitto e non è altrettanto importante ricordare chi ha combattuto (direttamente o indirettamente).
Non è sicuramente così per chi ha vissuto in prima persona una guerra.
È il caso di Maria Vencelj Maggi che, sabato 12 aprile, si è raccontata ai 21 alunni della 3B della SSPG di Pinzolo (prossimamente, incontrerà anche i bambini della SP di Madonna di Campiglio dove ha vissuto per più di 40 anni).
I ragazzi, accompagnati dalla loro insegnante di lettere Prof.ssa Laviola Camilla, hanno ascoltato con interesse e partecipazione la storia di nonna Maria.
“Io sono del 5… del ‘905 e ho visto due Guerre Mondiali”… Inizia così il lungo racconto…
“Nel ’15 avevo 10 anni e vivevo ancora in Slovenia, il mio Paese d’origine. Ricordo che non andavo a scuola perchè l’avevano chiusa. Eravamo nella miseria e c’era la fame. La mia mamma mi mandava sempre da una contadina tedesca, che viveva vicino a noi, a chiederle un po’ di latte scremato… lei non ce ne dava mai, perchè lo doveva regalare alla cucina degli ufficiali. Ricordo la fila, fuori dalla Chiesa la domenica, per prendere la farina. Avevamo diritto ad un mestolo di farina gialla per ogni componente della famiglia. Noi eravamo in quattro: mamma, io e i mie tre fratelli. Il papà era morto in guerra a 40 anni. Aspettavo impaziente il mio turno. Avevo un sacchetto di pezza e, quando i soldati mi davano la mia razione, tornavo felice a casa perchè così si poteva cucinare qualcosa… ma la farina aveva la muffa… non era buona… La mia mamma, però non la buttava via, la passava e la puliva dalla muffa. Poi con la farina ‘buona’ non faceva la polenta (ne avrebbe consumata troppa), ma una specie di semolino e, per renderlo più buono, metteva un pezzetto di marmellata… Ma non era sempre così… Spesso non aveva nulla e ci mandava a letto senza aver mangiato e ci diceva: ‘Domani andrà sicuramente meglio!’”.
La nonna si interrompe… ma poi prosegue il suo racconto:
“Tutto è passato… Sono cresciuta e a 15 anni sono arrivata in Italia. Sono andata a Trieste a fare la donna di servizio, perchè dovevo aiutare la mamma a crescere i miei due fratelli più piccoli. Da Trieste, poi, mi sono trasferita a Milano dove mi pagavano di più: prendevo 80 Lire al mese! Ho conosciuto mio marito Alessandro… e nel ’40 è scoppiata un’altra guerra. Vivevo in un appartamento di fronte ad un albergo che era diventato il ‘Comando Tedesco’. La sera del 14 febbraio del 1942, alle 10, sono arrivati gli aerei americani e hanno bombardato… Siamo riusciti a fuggire nel rifugio… era una cantina… e lì abbiamo aspettato la fine del bombardamento…
Dopo un’altra breve pausa di silenzio, parla della fuga del Re, del Fascismo, dei Partigiani…
“Sono stata in P.zza Loreto a vedere Mussolini… lo avevano ucciso insieme alla sua amante Petacci e a Starace… La piazza era piena di gente, ma tutti avevamo paura che qualcuno cominciasse a sparare… erano appesi a testa in giù…
Finita la Guerra è arrivata la Repubblica e tutto ha ripreso a vivere… abbiamo ricostruito tutto, ma era morta tanta gente…
Oggi si sta meglio… non viviamo con la paura, non viviamo nella miseria e non soffriamo la fame”.
Credo che, almeno per il RISPETTO verso chi ha combattuto, verso chi è caduto e verso chi ha vissuto momenti come questi, MAI e poi mai dovremo ripetere che le ‘guerre sono tutte uguali’, ma imparare a riflettere e a ponderare molto bene le parole.