Mavignola – S. Antonio: il canto del miracolo
La cassetta di S. Antonio
Memoria dell’intervista di Claudio Cominotti a Giuseppe (Bepi) Caola Stampun
La cassa con i suoi meccanismi e tutte le statuine fatte a mano, fu costruita da Giacomo Caola Stampun, falegname di Pinzolo. Per generazioni i Stampun hanno esercitato l’arte del “marangun”; ancora oggi due di essi, Andrea e Rino, sono falegnami. La sua famiglia era numerosa, composta da marito e moglie e otto figli, sei maschi e due bambine. Una sorella, Adele, si era maritata con Giovanni Cominotti Ziprian e aveva dato alla luce due bambini, Andrea (1915) e Mario (1919).
Dopo aver dato alla luce la piccola Margherita nel 1921, purtroppo morì, come succedeva di frequente a quel tempo, per infezione “post partum”. La bambina volò in cielo con la mamma. Giovanni si risposò con Maria Turri, e da questa nacque un altro maschietto: Carlo (1924).
All’incirca nell’anno 1925 Giacomo si cimentò nella costruzione della cassetta con le otto scene del miracolo di S. Antonio: resuscitò un morto assassinato perché scagionasse il suo padre (del Santo), ingiustamente accusato dell’assassinio e condannato alla morte per impiccagione.
La diede al figlio Giuseppe (Bepi, classe 1914) e al nipote Andrea reclamando scherzosamente un compenso; i bambini avrebbero realizzato il denaro richiesto utilizzando la stessa cassetta per il “canto” del miracolo nelle stalle e presso le famiglie del paese.
Non si hanno notizie di altre cassette esistenti in quel periodo o in epoche successive. Già da qualche anno (fine ‘800 ?) non ne esistevano altre, ma Giacomo aveva ripreso una tradizione che aveva visto in giovane età. Per rispolverare il testo della cantilena si rivolsero a Matteo Bonomi Brasin.
Per alcuni anni i due bambini utilizzarono la cassetta puntualmente il 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate, mantenendo viva la singolare usanza, accompagnati sempre dai fratelli, poiché il peso della cassetta e l’efficacia del canto richiedevano l’esecuzione in gruppo.
Negli anni successivi ci fu un’alternanza di “cantori”, giovani di varie famiglie di Pinzolo che chiedevano in prestito la cassetta ai Ziprian e ai Stampun, restituendola subito dopo la festa ai legittimi proprietari. Per qualche anno la cassetta rimase anche ferma, in cantina. Negli anni ’80 Andrea Cominotti, visto lo stato di vetustà e il deperimento della cassetta, la fece restaurare dall’abile artigiano Giorgio Maturi Grapot, che ne curò tanto la parte meccanica quanto l’involucro esterno, riportandola all’originale efficienza.
Da venticinque anni a questa parte i figli e nipoti di Andrea e Mario Cominotti hanno ripreso la tradizione, cantando il miracolo a S. Antonio di Mavignola, nel giorno della sagra dopo la processione, sul sagrato della chiesa e presso locali pubblici; agli uditori viene richiesta un’offerta, devoluta in beneficenza ai poveri di alcune località di montagna del Perù dove opera l’Operazione Mato Grosso.
Il canto è stato sicuramente tratto da una storia in rima che racconta del miracolo di S. Antonio da Padova, cui è stata aggiunta l’ultima strofa per adattare il canto alla devozione di S. Antonio Abate.
Forse cantando la nostra preghiera tradizionale otterremo beneficio da entrambi i Santi, che sicuramente non saranno gelosi l’uno dell’altro.
Fra le iniziative della proloco-gruppo sportivo di Mavignola di questa sentita festa patronale è previsto il rinnovo di questa singolare tradizione.