Montagna per tutti o montagna per pochi?

di Maura Binelli

Montagna per tutti o montagna per pochi?

Il tema del turismo alpino, in particolare quello legato a località come Madonna di Campiglio, solleva interrogativi profondi sul futuro delle montagne e sul nostro rapporto con esse. La riflessione proposta tocca un aspetto cruciale: la sostenibilità e la tutela dei valori che hanno da sempre contraddistinto l’esperienza tra i monti.

La crescente commercializzazione e mondanizzazione del turismo alpino, spesso legata al desiderio di attrarre una clientela più ampia e sempre più esigente, sembra mettere in secondo piano le ragioni più autentiche e “spirituali” di chi si avvicina a questi luoghi. Le trasformazioni delle strutture, in entità avulse dal contesto in cui si collocano, e il proliferare di offerte “instagrammabili” rischiano di appiattire l’esperienza, rendendo la montagna più simile a un “luna park” che a un ambiente naturale da rispettare.

La vera domanda, infatti, è se il turismo debba puntare sulla quantità, ovvero sull’afflusso massivo di visitatori, o sulla qualità, mirando a una clientela più consapevole e rispettosa.

L’elemento attrattivo deve essere la montagna stessa o deve semplicemente diventare uno spazio in cui collocare attrazioni?

Se la montagna diventa accessibile a tutti, ma solo come luogo di svago rapido e superficiale, si perde quella dimensione di fatica, silenzio e connessione profonda con la natura che la rende unica, finendo per omologarla a qualsiasi altra destinazione turistica.

Nel dibattito tra la “montagna per tutti” e la “montagna per pochi”, l’equilibrio dovrebbe risiedere in un turismo che non solo soddisfi le esigenze economiche, ma che preservi anche i valori di rispetto e gratitudine verso un ambiente che, senza un’adeguata attenzione, potrebbe trasformarsi in qualcosa di irriconoscibile e di scarso interesse.

Ricordiamo che nel mondo ci sono località capaci di essere attrattive per il loro ambiente senza necessariamente adeguarsi a una commercializzazione spinta, meglio definibile come “svendita” basata su effimeri fenomeni temporanei.

L’invito, quindi, è a riflettere sulla sostenibilità di queste scelte, cercando di conciliare innovazione e tradizione, afflusso e conservazione, perché la montagna non sia solo un business, ma anche un patrimonio da tutelare per le generazioni future.