“Non è crudeltà, è segno di inesperienza”

di Maura Binelli

“Non è crudeltà, è segno di inesperienza”

“Non è crudeltà, è segno di inesperienza”: così la Corte d’Assise di Venezia ha commentato le 75 coltellate che Filippo Turetta ha inferto a Giulia Cecchettin, uccidendola l’11 novembre 2023.
Nonostante sia stato condannato all’ergastolo, i giudici hanno dichiarato che “non aveva la competenza per infliggere colpi più efficaci.”
Ora, perdonate la mia ignoranza, ma da quando per uccidere una persona sono richieste competenze particolari? Da quando per abusare di qualcuno serve una formazione specifica? Da quando per non rispettare l’altro è necessaria una determinata esperienza?
Personalmente, trovo questa decisione l’ulteriore fallimento della nostra giustizia e un’altra violenza contro noi donne. I giudici, consapevolmente o meno, hanno finito per giustificare l’ennesimo bisogno di un individuo (non me la sento di chiamarlo uomo) di ristabilire e riaffermare — con un gesto brutale e animalesco — il proprio possesso sulla vittima.
Non è tollerabile che 75 coltellate vengano ricondotte all’inesperienza. E non è umanamente concepibile che 75 coltellate non vengano riconosciute come un atto di crudeltà — peraltro premeditata!
La violenza va riconosciuta e condannata come tale, con o senza “esperienza”. Perché, in quanto esseri umani, dovremmo essere guidati dalla ragione e dall’intelletto — elementi che dovrebbero distinguerci dal resto del regno animale. Ma evidentemente non è così. E forse non lo è mai stato.