Pinzolo – Serata di grande intensità quella proposta dal Gruppo scout Val Rendena al PalaDolomiti
Serata di grande intensità quella proposta dal Gruppo scout Val Rendena al PalaDolomiti. Intensità per il tema trattato: legalità, libertà e mafie. Intensità per il valore delle testimonianze dei coniugi Laganà e dell’imprenditore Tiberio Bentivoglio e per le riflessioni proposte dall’ex questore di Trento Alberto Francini, intensità per il percorso svolto dai ragazzi del Clan del Val Rendena e con i loro capi in questi ultimi mesi.
Il numeroso pubblico, quasi 300 persone era composto da persone di tutte le età: dai lupetti del branco, ad adolescenti che avevano già incontrato i testimoni la mattina al Guetti durante l’assemblea d’istituto, ad adulti, molti dei quali impegnati in associazioni locali, a over 65 trascinati dalla passione e dall’entusiasmo degli scout, agli amministratori comunali che hanno sostenuto anche economicamente il progetto.
Gli 8 ragazzi del clan hanno aperto la serata presentando l’esperienza fatta in Calabria lo scorso autunno dove hanno incontrato e conosciuto una parte d’Italia bella, anche paesaggisticamente, ma per la quale vivere la quotidianità nella legalità richiede fatica.
Molti i pregiudizi legati a quella regione, terra di ‘nduia, emigrazione e ndrangheta. In realtà gli scout hanno incontrato persone così orgogliosamente attaccate alla loro terra da non volersi piegare al sopruso ed all’ingiustizia e per le quali “resistenza e restanza” sono i capisaldi del loro agire.
Stefania Gurnari Laganà ha raccontato la vicenda sua e di suo figlio Antonino ferito a 3 anni da colpi di pistola mentre si trovava al posto giusto al momento giusto, ossia mentre si recava assieme a lei alla festa di fine anno dell’asilo. La mamma ha raccontato della sua duplice battaglia: perchè Antonino potesse riprendere la sua vita normale e soprattutto della sua battaglia legale perché Antonino potesse avere verità e giustizia. E questa è (perché è ancora in corso) la battaglia più difficile perchè si scontra con un silenzio che in realtà è omertà e con la cultura diffusa del meglio tacere. Stefania ha insistito sul “dove vivi devi scegliere da che parte stare” , sul tacere vuol dire accondiscendere alla sopraffazione, sulla capacità di dire no quando c’è bisogno di dire no e dire sì quando c’è bisogno di dire sì, altrimenti quello che è un diritto diventa un favore concesso per grazia da qualcuno. Stefania ha insistito anche sull’importanza, soprattutto per i ragazzi, di studiare perché nell’ignoranza le mafie trovano un terreno particolarmente fertile.
Una testimonianza forte anche quella di Tiberio Bentivoglio, commerciante di Reggio Calabria, con una storia inusuale iniziata 32 anni fa e non ancora finita, costellata di intimidazioni, molteplici attentati al suo negozio e alla sua persona, aule di tribunale, una vita sotto scorta e soprattutto il vuoto e la terra bruciata attorno che la mafia cerca di creare a chi si oppone. Bentivoglio ha però lasciato un messaggio di speranza perché le cose e la mentalità un po’ alla volta stanno cambiando e sempre di più di oppongono e perché i mafiosi, presi singolarmente sono nulla, persone deboli, incapaci di agire se non in branco.
E’ stata poi la volta di Alberto Francini, ex questore di Napoli, Catania che ha concluso il suo percorso professionale a Trento, ed ora incaricato dalla Camera di Commercio di Trento per un progetto sulla legalità. Francini ha esordito dicendo che persone come i coniugi Laganà e Bentivoglio non sono eroi, ma martiri, ossia persone normali che non hanno scelto di trovarsi in una situazione difficile, come gli eroi, ma difronte alla quale hanno saputo reagire, hanno scelto di dire NO e questo loro esempio, innesca un meccanismo contagioso di resistenza che induce anche gli altri a prendere coscienza, dire di no per giungere a cambiare il mondo.
Poi ha esortato anche noi a stare sempre all’erta con le orecchie aperte e gli occhi vigili, attenti a cogliere i primissimi segnali perché le mafie dispongono di enormi capitali da riciclare nell’economia pulita. Si infiltrano, quasi come benefattori nell’economia sana, creano consenso attorno alle loro figure attraverso la creazione di posti di lavoro e nel favorire iniziative imprenditoriali. Si infiltrano e si comportano bene, fino a quando presentano il conto: ossia il controllo del territorio e delle persone. Fondamentale è tener viva l’attenzione anche da parte delle amministrazioni pubbliche e degli imprenditori locali, perché la mafia arriva con i guanti bianchi, non è il mafioso che chiede il pizzo al negozio o il “brutto e rozzo” che minaccia di ritorsioni, ma si presenta in giacca e cravatta come finanziaria che offre crediti a ditte in momentanea difficoltà o come società di consulenza legale o commerciale, o come ditta che partecipa ad appalti pubblici. Francini ha concluso che, comunque noi trentini abbiamo 2 vantaggi rispetto ai territori confinanti: non ci sono associazioni di malavita locale con cui la mafia possa stringere legami, e la nostra storia di autonomia ci dà la possibilità di esercitare controlli maggiori sul territorio.
Dopo numerose domande ed interventi del pubblico, la serata si è conclusa con i saluti dei Sindaci di Pinzolo e Carisolo che hanno sottolineato come lo spirito di comunità forte, lo stare assieme, avere associazioni attive e impegnate come gli scout, aiuti a far bene a non lasciare nessuno solo, a tenere pulito il territorio da infiltrazioni mafiose, perché la bellezza della legalità non è così scontata e se si abbassa la guardia il pericolo è in agguato.
Davvero una serata intensa, che dopo quella di venerdì su Bolognini, aiutano a riflettere sul valore di essere una comunità.