Sulla vetta di una montagna, coperta di pascoli e di pinete profumate di resina…
“Sulla vetta di una montagna, coperta di pascoli e di pinete profumate di resina, spuntarono un giorno tre piccoli alberi”. Inizia con queste parole il racconto inciso su tre tavole di legno poste sotto una tettoia di legno lungo via Pineta, poco prima di arrivare allo stadio Pineta.
Lo hanno posizionato i titolari della Segheria Elvio Collini snc di Alessandro e Daniele Collini, una falegnameria storica di Pinzolo fondata agli inizi del secolo scorso, che si è tramandata di padre in figlio per arrivare ai nostri giorni. Dall’inizio del 2015 la lasciato la sede storica di Baldino e si è trasferita nel nuovo capannone lungo via Pineta, nella zona artigianale di Giustino. Nel corso degli anni questa dinamica azienda si è ritagliata una piccola parte di mercato di nicchia specializzato nella produzione di travatura di legno massiccio di abete, larice e douglasia, certificato CE e PEFC.
Oltre ad essere ottimi falegnami, curano in modo quasi maniacale l’aspetto estetico del loro stabilimento: nulla è lasciato al caso. Un capannone dalle linee essenziali ma tutto in legno, le cataste ordinate di assi poste a stagionare, i fiori a lato della recinzione in legno di larice posta sulla strada, e, appunto, la tettoia con il racconto di Bruno Ferrero, presbitero e scrittore italiano, appartenente ai salesiani.
I tre alberi
Sulla vetta di una montagna, coperta di pascoli e di pinete profumate di resina, spuntarono un giorno tre piccoli alberi. Nei primi tempi erano così teneri e verdi che si confondevano con l’erba e i fiori che prosperavano intorno a loro. Ma, primavera dopo primavera, il loro piccolo tronco si irrobustì. Le sfide autunnali e invernali per fronteggiare i venti e le bufere li riempivano di gioia baldanzosa. Dall’alto della loro casa verde guardavano il mondo e sognavano. Come tutti coloro che stanno crescendo, sognavano quello che avrebbero voluto diventare da grandi. Il primo albero guardava le stelle che brillavano come diamanti trapuntati sul vestito di velluto nero della notte. “Io sopra ogni cosa vorrei essere coperto d’oro e contenere pietre preziose. Diventerò il più bello scrigno per tesori del mondo”. Il secondo alberello guardava il torrente che scendeva serpeggiando dalla montagna, aprendosi il cammino verso il mare. L’acqua correva e correva, gorgogliando e scherzando con i sassi, un momento era lì e poco dopo già era scomparsa all’orizzonte. E niente riusciva a fermarla. “Io voglio essere forte. Sarò un grande veliero” disse. “Voglio navigare sugli oceani sconfinati e trasportare capitani e re potenti. Io sarò il galeone più forte del mondo”. Il terzo alberello contemplava la valle che si stendeva ai piedi della montagna e guardava la città che si indovinava nella foschia azzurrina. Laggiù formicolavano uomini e donne. “Io non voglio lasciare questa montagna” disse. “Voglio crescere tanto che, quando la gente si fermerà per guardarmi, dovrà alzare gli occhi al cielo e pensare a Dio. Io diventerò il più grande albero del mondo!”.
Gli anni passarono. Caddero le piogge, brillò il sole, e i piccoli alberelli divennero tre alberi alti e imponenti. Un giorno, tre boscaioli salirono sulla montagna, con le loro scure a tracolla. Uno dei boscaioli squadrò ben bene il primo albero e disse: “È un bell’albero. È perfetto”. Dopo pochi minuti, stroncato da precisi colpi d’ascia, il primo albero piombò al suolo. “Ora sto per trasformarmi in un magnifico forziere” pensò l’albero. “Mi affideranno in custodia un tesoro favoloso”. Il secondo boscaiolo guardò il secondo albero e disse: “Questo albero è vigoroso e solido. È proprio quello che ci vuole”. Sollevò la scure, che lampeggiò al sole, e abbattè l’albero”. “D’ora in poi, navigherò sui mari infiniti e i vasti oceani” pensò il secondo albero. “Sarò una nave importante, degna dei re”. Il terzo albero si sentì mancare il cuore, quando il boscaiolo lo fissò. “Per me va bene qualunque albero” pensò il boscaiolo. L’ascia balenò nell’aria e, dopo poco, anche il terzo albero giaceva sul terreno. I loro rami, che fino a poco prima avevano scherzato con il vento e protetto uccelli e scoiattoli, furono stroncati uno a uno. I tre tronchi furono fatti rotolare lungo il fianco della montagna, fino alla pianura. Il primo albero esultò quando il boscaiolo lo portò da un falegname. Ma il falegname aveva ben altri pensieri che mettersi a fabbricare forzieri. Con le sue mani callose trasformò l’albero in una mangiatoia per animali. L’albero che era stato un tempo bellissimo non fu ricoperto di lamine d’oro né riempito di tesori. Era coperto di rosicchiature e riempito di fieno per nutrire gli animali affamati della fattoria. Il secondo albero sorrise quando il boscaiolo lo trasportò al cantiere navale, ma quel giorno nessuno pensava a costruire un veliero. Con grandi colpi di martello e di sega, l’albero fu trasformato in una semplice barca da pescatori. Troppo piccola, troppo fragile per navigare su un oceano o anche solo su un fiume, la barca fu portata su un laghetto. Tutti i giorni, trasportava carichi di pesce, che la impregnavano di odore sgradevole. Il terzo albero divenne tristissimo quando il boscaiolo lo squadrò per farne rozze travi che accatastò nel cortile della sua casa. “Perché mi succede questo?” si domandava l’albero, ricordando il tempo in cui lottava con il vento sulla cima della montagna. “Tutto quello che volevo era svettare sul monte per invitare la gente a pensare a Dio”.
Passarono molti giorni e molte notti. I tre alberi quasi dimenticarono i loro sogni. Ma una notte, la luce dorata di una stella accarezzò con i suoi raggi il primo albero, proprio nel momento in cui una giovane donna con infinita tenerezza sistemava nella mangiatoia il suo bambino appena nato. “Avrei preferito costruirgli una culla” mormorò suo marito. La giovane mamma gli sorrise, mentre la luce della stella scintillava sulle assi lucide e consunte che un tempo erano state il primo albero. “Questa mangiatoia è magnifica” rispose la mamma. In quel momento, il primo albero capì di contenere il tesoro più prezioso del mondo. Altri giorni e altre notti passarono. Una notte, un viaggiatore stanco e i suoi amici si imbarcarono sul vecchio battello da pesca, che un tempo era stato il secondo albero. Mentre il secondo albero, diventato barca, scivolava tranquillamente sull’acqua del lago, il viaggiatore si addormentò. All’improvviso, dopo lo schianto di un tuono, in una ridda di fulmini e violente ondate, scoppiò la tempesta. Il piccolo albero tremò. Sapeva di non avere la forza di trasportare in salvo tante persone con quel vento e con la violenza di quelle onde. Le sue fiancate scricchiolavano penosamente per lo sforzo. Preoccupati, gli amici svegliarono il misterioso viaggiatore. L’uomo si alzò, spalancò le braccia, sgridò il vento e disse all’acqua del lago: “Fa’ silenzio! Calmati!”. La tempesta si quietò immediatamente e si fece una grande calma. In quel momento, il secondo albero capì che stava trasportando il re dei cieli, della terra e degli infiniti oceani.
Poco tempo dopo, un venerdì mattino, il terzo albero fu molto sorpreso quando le sue rozze travi furono tolte di malagrazia dalla catasta di legname dimenticato. Furono trasportate nel mezzo di una folla vociante e irosa, sbattute sulle spalle torturate di un uomo, che poi su di esse fu inchiodato. Il povero albero si sentì orribile e crudele. E piangeva, reggendo quel povero corpo tormentato. Ma la domenica mattina, quando il sole si levò alto nel cielo e tutta la terra vibrò di una gioia immensa, il terzo albero seppe che l’amore di Dio aveva trasformato tutto. Aveva fatto del primo albero il meraviglioso scrigno del più tenero e incredibile dei tesori. Aveva reso il secondo albero forte portatore del Creatore del cielo e della terra. E ogni volta che una persona avesse pensato al terzo albero, avrebbe pensato a Dio. E questo era molto meglio che essere soltanto il più bello, il più forte o il più grande albero del mondo.
(Bruno Ferrero)