Vittorio Sgarbi spiegherà la Danza macabra al PalaDolomiti di Pinzolo?
Grande attesa per la serata che Vittorio Sgarbi, politico e critico d’arte nonché presidente del Mart, terrà a Pinzolo sabato 8 agosto 2020. Tema dell’incontro saranno i Baschenis e la Danza macabra di Pinzolo, il celebre affresco che Simone Baschenis de Averara ha realizzato nel 1539 sulla facciata sud della chiesa di San Vigilio. La sede potrebbe essere il Paladolomiti, piazza Carera o il piazzale antistante la chiesa di san Vigilio. La decisione verrà presa nei prossimi giorni.
“Io sont la Morte/ che porto corona/ sonte signora/ de ognia persona…”
Così inizia il crudo poema della morte che accompagna il ballo della morte di Pinzolo.
Il corteo macabro inizia con un gruppo di tre scheletri musicanti, il primo dei quali, seduto su un trono rudimentale, porta in testa la corona a simbolo della Morte sovrana, cui deve sottostare la stessa volontà divina secondo le parole attribuite ai Crocefisso: “O peccator pensa de costei/ la me a morto me che son signor de lei!”
Alla sinistra del Cristo si apre la sfilata delle diciotto coppie, ognuno delle quali è formata da un personaggio vivo, socialmente caratterizzato, e da un morto che lo trascina al ballo. I morti raffigurati come scheletri, nettamente definiti, costituiscono l’elemento dinamico della rappresentazione rivelando intraprendenza e aggressività nel ghigno con cui si rivolgono alle loro vittime e nella varietà dei gesti con cui le afferrano per introdurle al ballo. Alla loro vivacità appare debole la reazione dei vivi che esprimono la più tacita rassegnazione. Il contrasto tra l’atteggiamento dinamico dei morti e la quasi immobilità dei vivi è reso più evidente delle didascalie: in forma di monologo, recitato solo dai primi, ne sottolinea la superiorità. La successione delle coppie riflette la rigida concezione gerarchica della società medievale con la sua divisione tra laici ed ecclesiastici. Questi ultimi aprono la sfilata a partire dalle supreme autorità spirituali: il papa, il cardinale, il vescovo, seguiti dal sacerdote e dal monaco.
Il messaggio che ad essi viene rivolto ribadisce il concetto dell’ineluttabilità della morte. L’assenza di una marcata satira sociale antiecclesiastica e l’ironia pacata testimoniano l’esistenza di buoni rapporti tra la popolazione e il principe vescovo di Trento. Il macabro corteo continua poi con un certo numero di rappresentanti dell’ordine laico disposti anch’essi secondo una gerarchia che fa seguire all’imperatore il re, la regina, il duca e quindi alcuni personaggi del mondo borghese, come il medico e il ricco mercante. Più avanti a personaggi socialmente connotati si sostituiscono individui che simboleggiano le diverse età della vita umana: giovani, vecchi e un bambino. A tutti la morte ricorda con accenti diversi l’imparzialità del suo operare. Chiude la sfilata l’immagine di una Morte a cavallo, armata di arco e frecce, che saetta nella sua galoppata impetuosa uno stuolo di vittime, in parte già colpite e stese, in parte ancora ritte e impietrite dal terrore. A questa scena il Baschenis fa seguire come epilogo un quadro del Giudizio finale che, ricollegandosi al motivo della crocifissione iniziale, intende inquadrare così l’intera rappresentazione macabra nei termini della visione escatologica cristiana.
L’affresco non propone solo uno degli elementi più significativi della storia medievale trentina, ma assume il carattere di un’allegoria della morte universale che arriva fino a noi, cioè del destino inesorabile a cui nessuna creatura umana può sottrarsi; e in questa problematica esistenziale la morte si ricollega alla vita perché è ammessa come personaggio agente. Nella “unione degli opposti” la sorpresa e lo stupore scompaiono e ci rimane solo l’accettazione del tutto che proclama se stesso.