Il ricordo di Fabrizio Collini
Per chi lo ha conosciuto, come me, che lo ho avuto a scuola quando frequentava la scuola media, la notizia della sua tragica scomparsa è stato uno shock. Che ho collegato a quanto imputatogli in questi ultimi anni. A scuola era ragazzo diligente, educato, un po’ riservato, di indole molto buona e disponibile nei confronti dei suoi compagni nonostante la differenza di classe sociale. La sua era la famiglia più in vista di Pinzolo, apparteneva all’aristocrazia del paese. Il padre Fausto, ingegnere, era titolare insieme ai fratelli Clemente, Remo e Leone (quest’ultimo, il Leone, era il padre padrone della ditta, quello che assumeva le decisioni) dell’impresa Collini. Una delle imprese storiche di Pinzolo. Prima della guerra si dedicava alla costruzione di case (fra i suoi lavori la costruzione dell’Hotel Excelsior a Madonna di Campiglio), durante al guerra lavorò per la Todt nella costruzione di strade e di altri manufatti, dopo la guerra si dedicò ai lavori stradali, ponti, gallerie e quant’altro e uscì dall’ambito valligiano. Del 1948 è la costruzione della via che porta in Val Genova, trasferì la sede a Trento e a Milano, si unì ad altre ditte (Codelfa Collini – Delfavero) e intraprese lavori di grande respiro, in Calabria, in Sicilia, a Roma (gallerie sotto la città in vista dell’Anno santo), il bypass di Campiglio, le gallerie sulla gardesana, strade in Val di Fassa per i mondiali, attualmente il collegamento con Campiglio, ecc. Morti i 4 fratelli l’impresa è passata ai figli, Paolo, Sergio e Fabrizio, cugini tra loro, che la gestiscono anche attualmente. Sergio ne rappresenta l’anima imprenditoriale, Fabrizio curava le relazioni e gli aspetti organizzativi burocratici.
L’ingegner Fausto, morto nel 1975, ancora nel fiore degli anni, era il padre di Fabrizio. Aveva sposato la signora Agnese, una signora di Cremona di una straordinaria sensibilità. Da lei ha avuto quattro figli, Fabrizio e tre sorelle. Si era costruita una splendida villa-cottage tra Pinzolo e Giustino dove è vissuto con la famiglia. Isolato dagli altri della famiglia. Alla sua morte la casa è stata venduta. La vedova e i figli si sono trasferiti altrove, non so se lei a Cremona o a Milano, ma credo a Trento. Dopo gli anni in cui lo ho avuto a scuola come alunno, ho incontrato Fabrizio poche volte. Non veniva molto a Pinzolo. Ricordo di averlo incontrato con la madre e le sorelle il giorno della commemorazione dei 30 anni della morte del padre, sepolto nella tomba di famiglia del cimitero di San Vigilio, nella cui chiesa il parroco tenne una messa. In quell’occasione mi abbracciò e altrettanto fece sua madre, nel ricordo del padre e dei tempi trascorsi a scuola.
A scuola era un ragazzo solare. Quando lessi le brutte notizie giudiziarie sul suo conto rimasi allibito. Mi sembrava impossibile che una natura come la sua potesse arrivare a certe degenerazioni. E per la verità stento ancora a crederlo. Fra me ho pensato che sia stato rovinato da certi ambienti, dal danaro e dalla ricchezza. E che proprio la sua natura, quella natura buona, di straordinaria umanità che aveva da ragazzo sia riaffiorata in lui e il rimorso gli abbia reso la vita insopportabile, fino a portarlo al tragico gesto.