Pinzolo: Arturo Binelli, il falegname del comune
A 75 anni ci ha lasciato Arturo Binelli Rochét, fratello di Itala e di Angiolino (ideatore quest’ultimo del Premio internazionale della Solidarietà alpina): tipo schivo, introverso di carattere e di poche parole, ma benvoluto da tutti. Per la sua disponibilità. “Marangón” di professione, una vita trascorsa nella falegnameria del comune, sempre indaffarato tra trucioli, odor di colla e di vernice a soddisfare le richieste degli amministratori, si trattasse di accomodare un armadio o una mensola negli uffici o di manutenere le parti in legno (telai di porte e finestre, scaffali e quant’altro) delle strutture pubbliche, non disdegnava di andar incontro ai bisogni di quanti gli si rivolgevano per qualche favore (un quadro da sistemare in una cornice, una pennellata di colla per fissare un attrezzo, ritagliare un pezzo di vetro col diamante….). Aveva appreso a maneggiar pialle, raspe, seghe e scalpelli a Baldìno, nella bottega di Antonio Bonomi Brasìn, una vera e propria fucina di artigiani del legno. Per qualche anno si era messo in proprio; poi, quando venne istituita la falegnameria comunale, passò ad organizzarvela e la gestì fino alla meritata pensione. Era appassionato di calcio, di fede torinista – particolarmente felice quando il Pinzolo adottò come divisa il colore granata! – sport che praticò da giovane in quella squadra mettendosi in luce per le capacità realizzative. Giocava all’ala sinistra, nel ruolo tipico delle persone più estrose e stravaganti, e, per quanto di fisico minuto, aveva un tiro potente come pochi, secco e preciso. Memorabili i tre gol che mise a segno in un infuocato derby contro il Tione. Anche ultimamente non mancava mai di recarsi al Pineta ad incitare la sua squadra con calore e passione. I cui dirigenti lunedì pomeriggio si sono stretti attorno alla moglie e ai figli nel porgergli l’ultimo saluto su al camposanto di San Vigilio.[/A_CAPO]