Pinzolo: Emma Negherbon Collini
La sua fu una storia d’amore, di quelle che appassionavano tanto i nostri nonni. Lo stesso suo nome, Emma, richiama, come per destino, l’eroina dei romanzi di Flaubert. Era la più giovane di una famiglia di benestanti contadini di Cagno’, i Negherbon, proprietari di terre coltivate a frutta e di parecchi capi di bestiame, orgoglio del padre: una specie di patriarca che teneva solo vacche di razza Rendena: A quei tempi era l’unico ad allevare quella specie in Val di Non. Anche se più piccole delle bruno alpine e con meno latte, quelle bestie di pelle scura sapevano adattarsi meglio ai pascoli di alta montagna, davano insieme al latte un’ottima carne, s’accontentavano di poco e non abbisognavano di grandi cure. Per dirla con Dante, “galeotta” fu proprio la razza Rendena per la vita di Emma. Era da poco finita la guerra quando il padre le chiese di accompagnarlo a Pinzolo alla fiera di San Michele del 29 settembre, tradizionale mercato di quelle vacche. Lì conobbe Liberio Collini, giovane guida alpina, cinque anni più vecchio di lei: E fu un colpo di fulmine. Figlio di Adamello, medaglia d’oro al valor civile morto di stenti nel campo di Mauthausen, gestiva coi fratelli un rifugio a Bedole in Val Genova. A quell’incontro ne seguirono altri, fino a quando Liberio ne chiese la mano al genitore. Che gliela nego’ dopo essersi informato, da buon noneso, sulla consistenza del suo patrimonio, ovviamente quantificato in terra coltivabile e in capi di bestiame (Quante vachje gas po’?). Innamorata del suo Liberio, Emma disubbidì al padre e fuggì a Pinzolo, dove il patriarca venne a cercarla senza scoprirla. Per non farsi trovare si era nascosta nel campanile della chiesa di san Lorenzo! Sposato Liberio, ne condivise la vita su al rifugio Mandron, allora un piccolo cubo privo di qualsiasi comfort, fino al 1956 quando scesero a Bedole. La sua dapprincipio fu una vita dura, sostenuta dall’affetto del marito ed allietata dall’arrivo di Maria Luisa (Marisa), Presanella, Adamello, Yvonne e Michele. Donna di casa infaticabile, premurosa, attenta a tutto, cuoca eccezionale; gestì il rifugio, ora in mano al figlio Adamello, con grande calore, signorilità e disponibilità nei confronti degli ospiti. Mai che si sia lamentata di qualcosa. Esemplare come madre, portata a modello per la sua gestione del rifugio. Un’esistenza la sua all’ombra del marito, (scomparso nel 1994), tutta dedita al suo uomo e ai figli. Alcune settimane fa si è ricongiunta a lui su nel cimitero di san Vigilio. Aveva 82 anni. [/A_CAPO]