Pinzolo: Intervista a Ivana Maffei Povinelli
E’ la decana della compagnia: una linguaccia, da sempre nel Filò, dove aveva recitato anche suo padre Frumenzio, e dove da qualche tempo si distingue suo nipote Mattia, che ha preso il testimone del nonno. Si esprime in dialetto, che è la sua lingua, da sempre, sia con la gente del posto, sia con i forestieri; fa un po’ di fatica a tradurre in italiano il suo pensiero. Ci proviamo noi: “La parte della strega – confessa – è proprio la mia, alla mia età, sono migliorata come il vino vecchio. Col passare del tempo sono entrata sempre di più nel ruolo, nella parte; mi sono accorta di essere diventata sempre più cattiva, più brusca, scontrosa e sarcastica; peccato che ogni tanto perda la memoria. E che sul palco a recitare non ci sia più il Carmelo. Ricordo che in una commedia avevo perso il filo, non ero più capace di andare avanti, non mi veniva la battuta. Lui riuscì a farmela dire girandoci attorno con un monologo. Senza che il pubblico se ne fosse accorto. Era straordinario. E con lui era in gamba anche il Toni (Toni gol). Una volta riuscirono a stare in scena mezzora con un sigaro, a discutervi sopra, fra le risate degli spettatori, impegnati in una gara a chi lo avrebbe fatto durare di più, spiegando, fra le allusioni, che se lo si teneva con le dita rivolto in alto, eretto, non si sarebbe spento, la brace alimentata da poca aria avrebbe continuato la sua funzione fino a raggiungere le due ore… “ Si lascia andare ai ricordi la Ivana, ma è pronta a riconosce la bravura degli interpreti attuali, veramente impegnati. Lamenta la mancanza di un teatro a Pinzolo e di una sede dove effettuare le prove. “Dobbiamo ringraziare la Daniela Binelli – conclude – ed in particolare suo marito, l’impresario Marco Bonomini, che ci ha messo a disposizione per le prove il suo magazzino durante tutta l’estate”. E poi polemizza: “C’è chi afferma che le commedie in dialetto hanno un pubblico ridotto all’ambiente dove esso viene parlato, qui da noi limitato alla Rendena. Io non sono d’accordo. Tanti anni fa partecipammo a un circuito dialettale in onore di Roat. Ci esibimmo qui in Giudicarie, a Mori, a Cavalese, a Rovereto, a Lavis e fu un grande successo dappertutto. La mimica aiuta a capire anche qualche parola dialettale difficile da intendere. Ci spostavamo su un camioncino, affidandoci talvolta alla generosità della gente del posto. A Mori, per esempio, una vecchietta ci prestò la sua tavola e una sedia da mettere sul palco…Erano altri tempi!”[/A_CAPO]