Pinzolo: la famiglia dei Binelli ‘Scarpàro – Tisor’
La tragedia consumatasi giovedì pomeriggio sull’autostrada del Brennero con la morte di Tiziana Binelli e Diego Maturi, e con la figlioletta grave in ospedale, è stata una mazzata che ha lasciato tutta Pinzolo come annichilita, senza parole, colpita nel più profondo dell’anima dalla scomparsa di una giovane famiglia fra le più benvolute in paese. Nell’aria si respirava incredulità, disappunto, commozione e tanta, tanta tristezza. Si avvertiva in tutti una partecipazione sentita al dramma dei Binelli “Scarpàro – Tisor” e dei Maturi “Grapoç”, due fra i casati più antichi e rispettati della borgata per l’onestà, l’intraprendenza e la laboriosità dei loro componenti. La comunità si è stretta attorno a loro in un abbraccio fraterno, pieno di calore e di umanità, per far loro coraggio, sostenerli Condividere il dolore in momenti così tremendi conforta, aiuta ad andare avanti. Quella degli “Scarpàro – Tisor”, cui apparteneva Tiziana è fra le famiglie più inserite nel tessuto sociale di Pinzolo, fa parte della sua storia e della sua vita quotidiana, con legami di parentela, di lavoro e di ideali con mezzo paese. Tutti lavoratori infaticabili, e tenaci, i suoi membri. Oltre che generosi e disponibili. Soprattutto onesti. Il soprannome di “tisor” (tesoro) è venuto alla famiglia da un atto di onestà compiuto verso la metà dell’Ottocento e riportata dai giornali lombardi di quel tempo, da un loro avo di nome Amadio, un arrotino che aveva trovato sul parapetto di un ponte a Vignola (MO) una borsa di marenghi d’oro (un tesoro!), dimenticata lì da un ricco mercante nello scendere a far bere il cavallo. Nessuna indicazione sulla borsa. Amadio riuscì a rintracciarlo, gli consegnò quanto trovato e non volle alcuna ricompensa. “Dolfo Tisor ” , il nonno di Tiziana, scomparso nel 1997, era rimasto orfano di guerra a quattro anni, e la sua vita non fu certo facile. Dal matrimonio con Mariotta ebbe dieci figli: una bambina morta appena nata e gli altri ancora tutti sani e molto attivi nelle proprie professioni. A cominciare da Davide, il padre di Tiziana, che fa l’elettricista in proprio, per andare a Giuliana, quindi a Luciano (imprenditore e fra i fondatori della sezione PATT locale ), a Guido (rimasto legato alle attività agricole). Arrivò poi Eugenio (con studio di ingegneria a Tione, già sindaco di Pinzolo, consigliere ed assessore provinciale), seguito da Sergio (titolare della ditta Edil – Oil) da Alba, Lia e da Annamaria. Per sfamare nove bocche e farle anche studiare “Dolfo Tisor” lavorava nei campi e col bestiame di giorno, e dopo cena si metteva davanti alla sgabello da calzolaio fra lesine, forme, martelli, filo e pece a lavorare il cuoio per far scarpe o per ripararle fino a notte inoltrata. Fu così che gli venne il soprannome di “Scarpàro” con cui oggi sono designati i suoi figli. Una notte verso le due un carabiniere del mezzogiorno che cercava aiuto per arrestare una persona vide una finestra illuminata e dietro ad essa la testa di Dolfo intento al suo lavoro di ciabattino. Per chiamarlo in soccorso si mise a gridare “Scarpàro! Scarpàro!” Spero che richiamare queste cose in un momento così doloroso possa far bene ad Davide e Renata, la mamma di Tiziana. Il pensare a quanto dura sia stata la vita dei loro genitori può aiutarli a guardare avanti, a proseguire sulle loro vestigia, montanari di vecchio stampo, avvezzi a tutto, instancabili, che non si sono mai lasciati sommergere dalle avversità, il pensare che con la loro tenacia hanno saputo creare persone pulite, leali, sane dentro, può dar loro conforto. E’ quello che speriamo. [/A_CAPO]